venerdì 30 marzo 2012

Il Vignola a Roma: il tempietto di Sant'Andrea.




Jacopo Barozzi, detto il Vignola,uno dei più grandi architetti del ‘500, ha lasciato opere indimenticabili e tra questi va annoverati il tempietto di San’Andrea situato a Roma a metà strada tra Piazza del Popolo e Ponte Milvio.
Papa Giulio III la fece erigere verso il 1533 all'interno del complesso della sua villa suburbana villa Giulia, per ricordo della sua fuga da Roma. Durante il sacco di Roma dei lanzichenecchi di Carlo V, quando era ancora cardinale, era uno degli ostaggi ed era probabilmente destinato ad essere giustiziato.
Riuscì a fuggire dalla città il 30 novembre, giorno dedicato dalla chiesa all'apostolo Andrea, fratello di Pietro.
La chiesetta è a pianta centrale con cupola ellittica con un finestrone di tipo termale nelle lunette laterali. Nella sua costruzione fu impiegata la "pietra serena" la pietra grigia di tante chiese fiorentine, invece del classico travertino. Le forme architettoniche si ispirerebbero al sottostante Mausoleo antico.
La chiesa che ha una concezione spaziale classicista, è uno degli edifici romani più armoniosi. Sembra ispirarsi al Bramante e dal punto di vista architettonico, malgrado le sue minute dimensioni, rappresenta un'importante testimonianza della sintesi tra cultura umanistica, con le chiese a pianta centrale, e gli esempi degli edifici di culto a pianta longitudinale, propri della Controriforma, dalla seconda metà del Cinquecento in poi.

mercoledì 28 marzo 2012

San Galgano:splendido esempio di gotico cistercense nel Senese.


Abbazie cistercensi sono disseminate in Francia e in Italia e sono una più bella delle altre,autentiche e fulgide espressioni dell’architettura gotica.
Uno degli esempi più splendenti è l’abbazia di San Galgano costruita a partire dal 1218.
San Galgano,per gli appassionati di agiografia, nacque probabilmente nel 1148 a Chiusdino, ora in provincia di Siena da Guidotto e Dionigia, in una famiglia della nobiltà locale e morì il 30 novembre 1181, giorno della celebrazione liturgica.[
Galgano ebbe una gioventù improntata al disordine e alla lussuria, salvo in seguito convertirsi alla vita religiosa e ritirarsi in un eremitaggio vissuto con la medesima intensità con cui aveva precedentemente praticato ogni genere di dissolutezze.
L’edificio, di cui oggi restano soltanto dei ruderi immersi nella campagna senese, si trova nel pieno senese vicino a Monticiano. La mancanza del tetto in un certo senso ne esalta l’articolazione e l’eleganza architettonica delle linee che si slanciano verso il cielo aperto.
L'edificio è imponente e testimonia, così, la diffusione ed il grande seguito del culto di san Galgano.
L'abbazia raggiunse, nel XIV secolo, una grande potenza, anche grazie alle immunità ed ai privilegi concessi da vari imperatori, tra i quali FedericoII, ed alle munifiche donazioni ricevute; a ciò si aggiunse l'esenzione dalla decima da parte di papa Innocenzo III.
Dopo un periodo di splendore che raggiunse il suo culmine nel Rinascimento, iniziò la lenta decadenza che l’avrebbe ridotta ad un grandioso mistico rudere.
La chiesa primitiva fu eretta sul vicino Monte Siepi intorno alla spada conficcata nella roccia, che , secondo la tradizione, sarebbe appartenuta a San Galgano.

martedì 27 marzo 2012

Bolgheri ed i cipressi cari a Giosuè Carducci.


I cipressi che a Bolgheri alti e schietti

Van da san Guido in duplice fila

Quasi in corsa giganti giovinetti

Mi balzarono incontro e mi guardar

Questi sono i celebri versi della poesia davanti a San Guido, di Giosuè Carducci che visse dal 1838 al 1848 a Bolgheri, un borgo toscano nella provincia di Livorno, che si raggiunge proprio attraverso l’immortalato viale dei cipressi

Alla fine del viale rettilineo si trova prima, sulla destra, la cappella di San Guido, fatta erigere nel 1686 da Simone Maria della Gherardesca per commemorare la liberazione di Budapest dai Turchi, e poi si giunge al rosso castello di Bolgheri tra le cui mura si trova il piccolo borgo.
Il nome deriva da un insediamento militare di Bulgari alleati dei Longobardi, qui attestati in posizione difensiva contro un eventuale sbarco di truppe bizantine provenienti dalla Sardegna
Fin dalla sua origine Bolgheri fu dominio dei conti della Gherardesca.
Imponente è il suo castello costituito da diversi corpi di fabbrica che si snodano attorno al nucleo originario del villaggio e con la sua torre a pianta rettangolare, caratterizzata da un arco a sesto acuto che da accesso al borgo; al di sopra è posto lo stemma della famiglia Della Gherardesca, mentre più in alto si aprono due finestre a bifora sovrapposte.
Il castello dopo aver subìto vari attacchi sia nel 1393 quando fu bruciato dai fiorentini, sia nel 1496 quando fu saccheggiato dall’esercito dell'imperatore Massimiliano, cominciò a risorgere da tante rovine all'inizio del XVIII secolo per opera dei conti che diedero un certo impulso alle attività agricole della zona, la bonifica di alcune zone paludose, la costruzione di un orfanotrofio e di un acquedotto che rifornì di acqua potabile il paese.

lunedì 26 marzo 2012

La Vergine del Fico di Madonna di Campiglio.




Il centro sciistico di Madonna di Campiglio nel Trentino, rinomato a livello mondiale,vede convergere sciatori italiani stranieri per godere delle meravigliose ed attrezzate piste.
Ma forse non tutti sanno che in Madonna di Campiglio sorge la chiesetta di "Santa Maria Antica" in cui vi sono opere d’arte di pregevole interesse artistico.
Nell’arco del presbiterio si trova un antichissimo Crocifisso, di stile prettamente nordico, risalente al secolo XII. Dal volto del Cristo pur nello strazio dell'enorme ferita al petto, traspare un senso di immensa una serenità e di grande pace, quasi a esprimere il sentimento di volontaria accettazione della morte in perfetta obbedienza al Padre
Ed ancora si distingue nel presbiterio il bellissimo trittico della Madonna con Bambino e S. Barbara con il calice e S. Caterina con l'arma del martirio , opera quattrocentesca attribuita alla Scuola di Maestro Narciso, notissima personalità che coniuga nelle sue opere lo stile tardo gotico con le prime e esperienze della nostra Rinascenza.
Ma soprattutto è rilevante la scultura lignea della "Vergine del Fico", databile al XIV secolo. La Madonna sprigiona sul suo volto un senso di maestà e di bontà con cui si coniuga perfettamente il gesto generoso della mano che porge aiuto e ristoro al pellegrino affaticato dal lungo cammino. La statua, assume importanza anche dal punto di vista devozionale e viene esposta al pubblico tre volte l’anno: il 15 agosto, a Capodanno e nella seconda domenica di ottobre.

domenica 25 marzo 2012

La cinta muraria di Roma.



Si toccano con mano, passeggiando per Roma, secoli di storia: ruderi romani, chiese, monumenti ne sono una vivida testimonianza.
Eppure,credo,che una delle maggiori sintesi di una storia lunga e complessa sia rappresentata mirabilmente dall’insieme delle vecchie mure difensive romane.
Le più antiche sono le mura repubblicane, cioè costruite negli anni della gloriosa repubblica di Roma. Queste denominate Serviane risalgono al quarto secolo a.C. e ricordano la resistenza ad Annibale ed ai Galli
Ne rimangono i tratti in varie parti della città come sul lato sinistro del Palazzo Senatorio, Piazza del Campidoglio, a Largo Magnanapoli, a Via Salandra;
presso la stazione Termini s'identifica l'antica Porta Viminale, per l'Arco di Dolabella si individua la Porta Celimontana, mentre un ottimo tratto di mura si trova a Piazza Albania, nel quartiere Aventino.
Ma le vere mure evocative della potenza romana sono quelle imperiali e tra queste le mura aureliane avviate dall'imperatore aureliano nel 271 d.c. e completate attorno al 275 d.C. Sono state in gran parte sacrificate per la costruzione delle strade cittadine: rimangono Porta Pinciana, Porta Salaria, dove entrarono i Visigoti nel 410 e di cui rimane solo la traccia al suolo, Porta Pia, spostata dal suo luogo originario sotto Pio IV attorno al 1564; Porta Maggiore, che corrisponde all'incrocio dell'Acquedotto Claudio con la via Prenestina e via Labicana; Porta San Giovanni, che sostituì nel 1574 l'antica Porta Asinara; Porta Metronia; la Porta Latina ,Via Latina, la Porta San Sebastiano, la Porta Ardeatina, la Porta San Paolo.
Le Mura Aureliane oltre il Tevere salivano invece lungo il Gianicolo per ridiscendere fino alla Porta Portuense, all'altezza di Testaccio. Le porte di corrispondenza erano la Porta Settimiana, ma l'aspetto attuale è dovuto a Pio VI, la Porta Aurelia che si conservò fino al 1849, all'assedio della Repubblica Romana, oggi sostituita da Porta San Pancrazio, e la Porta Portuense, sulla via omonima, anche questa scomparsa.
Furono costruite successivamente le Mura Leonine e Vaticane e la parte più imponente è il tratto dal Castello al Vaticano, allo stesso tempo trasformato in passo di sicurezza per collegare i palazzi pontifici alla fortezza. La cinta muraria aggirava la Basilica di S.Pietro saliva sul Gianicolo e scendeva verso il Tevere. S
Le Mura dei Borghi Nuovi furono invece costruite nel sedicesimo secolo per proteggere i nuovi borghi oltre il muro leonino e vi si aprivano Porta Castello, che è scomparsa alla fine del secolo insieme con la cinta muraria e la Porta Angelica, di cui rimangono pochi rilievi marmorei.
Le mura che attualmente costeggiano il territorio della Città del Vaticano furono commissionate da Paolo III, con Michelangelo che progettò il primo bastione, e da Urbano VIII. Comprendono Porta Pertusa, presso la Torre di San Giovanni, Porta Fabbrica, oggi murata, Porta Cavalleggeri, che vide l'ingresso dei Lanzichenecchi nel 1527, oggi distrutta per agevolare il traffico cittadino, e Porta Santo Spirito, costruita da Antonio Sangallo il Giovane nel 1544.
Le mura insomma dànno la misura nel corso dei secolidella progressiva espansione del tessuto urbano, anche ora che a tratti sono soffocate dalla espansione edilizia della città. Proprio per questo un visitatore attento dovrebbe dedicare il proprio tempo almeno ad un percorso parziale.

sabato 24 marzo 2012

La chiesa di Santa Vittoria in Sabina





La Sabina è ricca di tesori d’arte:tanto per citarne alcuni, l’abbazia di Farfa, il Santuario di S Maria della Lode,S Pietro a Magliano Sabino, S Paolo a Poggio Mirteto e non ultima una suggestiva chiesa romanica, ubicata non lontana da Monteleone Sabino
Il culto di Vittoria una fanciulla romana di nobile famiglia, nata intorno al 230 d.C. è molto venerato in Sabina proprio nella città di Trebula Mutuesca l’attuale Monteleone Sabino E proprio non lontano dal paese sorge la chiesa dedicata alla Santa. Nel territorio tutt'intorno si evidenziano i resti archeologici della città sabino-romana che ,sin da quando era un vicus ,godeva probabilmente di una posizione straordinaria lungo la via Salaria. L'edificio romanico si trova fuori dall'abitato, in una paesaggio collinare. La facciata presenta un portale d'ingresso affiancato su ogni lato da due nicchie e una serie di decori provenienti da antichi monumenti.
Alla chiesa, la cui facciata romanica è molto suggestiva, si accede per mezzo di un atrio L'interno è a tre navate molto asimmetriche, frutto di successivi rifacimenti. La navata destra è ripartita da grossi rocchi di colonne di spoglio; la sinistra da pilastri Nella zona del presbiterio si apre una piccola porta che conduce ad un ambiente inferiore, nel quale è collocato un sarcofago in una nicchia affrescata nel Cinquecento. All'interno del sarcofago erano conservate originariamente le spoglie di Santa Vittoria le cui reliquie furono disperse in date successive in molte sedi diverse (Subiaco, Bagnoregio, Pisoniano, ecc.). Nella Chiesa si trovano, inoltre, un affresco quattrocentesco rappresentante Santa Vittoria, una statua lignea di San Michele Arcangelo, realizzata nelCon le invasioni saracene, Quattrocento e una cisterna per la raccolta delle acque che secondo la tradizione sono miracolosamente scaturite in occasione del martirio. Il campanile venne innalzato nel X secolo e nel Duecento venne aggiunta la campana. 

Questa chiesa è dunque un gioiello d'arte romanica, un autentico angolo incantato e pervaso di serenità della Sabina e dell'intera Italia Centrale.

Il Santuario della Madonna del Tufo.












I santuari sono mete dove lo spirito devozionale è molto intenso e dove grande è l’affluenza dei visitatori.
Tra questi assume rilievo sulla strada che si snoda lungo la via dei laghi verso Rocca di Papa il santuario della Madonna del Tufo che si pensa sia stata costruita all'inizio del Cinquecento; per la prima volta,( e di ciò si fa menzione in un decreto del cardinale Gallo, della diocesi di Frascati, del 25 settembre 1592)
Le origini del santuario della Madonna del Tufo, come tramanda la tradizione, risalgono ad un fatto avvenuto nel 1490: dal Monte Cavo, si staccò un masso del peso di 150 quintali, che stava per investire un viandante. Questi pregò la Vergine Maria che gli salvasse la vita, e il masso si arrestò all'istante, senza colpirlo. L'uomo, in segno di ringraziamento, fece costruire una chiesa di piccole dimensioni, nella quale fu posto il grande masso, su cui il pittore Antoniazzo Romano dipinse l'immagine della Madonna.
Il dipinto, durante un restauro, purtroppo venne in parte rovinato per via di un pittore alquanto inesperto. Poi avvennero altri restauri. La chiesa venne ristrutturata diverse volte e nel corso del ventesimo secolo venne ricostruita ex novo grazie al contributo del progetto di Salvatore Spadano 
E’ dunque un Santuario che si distingue per la sua storia e per la sua semplicità nel bellissimo territorio dei Castelli Romani e che merita la dovuta attenzione da parte di tutti.
E’ sufficiente una gita domenicale provenendo da Roma per soffermarsi un po' di tempo nel Santuario, andando poi, e non è da trascurare, in una delle tante trattorie e "fraschette" del luogo per il pranzo.

venerdì 23 marzo 2012

Lo stile Liberty a Roma







Roma è una città di ineguagliabile bellezza,vero e proprio crogiolo di stili architettonici diversi come il paleocristiano, il medievale, il romanico ed il barocco.
Non vi manca ed anzi è rigogliosa anche l’architettura in stile liberty che nei primi anni del’900 si diffuse nella capitale: fiorì prevalentemente nei nuovi rioni e nei quartieri fuori le mura per ospitare la nuova borghesia capitolina, anche se esempi mirabili, come un’ala del Parlamento ed il palazzo della rinascente, sono presenti anche nel cuore della città.
Lo stile a prima vista, può apparire come un netto contrasto rispetto ad impianti architettonici dei secoli passati,ma quando lo si immagina inserito nel contesto del prima decade secolo scorso, appare sorprendente per l’armonia delle forme e la bellezza delle minuziosi decorazioni floreali. E'rappresentativo di un’ architettura che coniuga la produzione artistica con quella industriale, nel senso che utilizza appieno le nuove tecnologie (ferro, vetro e cemento) che avevano il sopravvento nell’epoca per realizzare opere dall’alto valore estetico. 
L’itinerario liberty a Roma richiede molto tempo per una visita completa perché abbraccia il centro storico ed al tempo stesso quartieri come il rione Prati, il rioni Ludovisi e Sallustiano, i quartieri Pinciano e Parioli, il Salario e Nomentano e "dulcis in fundo" il meraglioso quartiere Coppedè. 
Tanto per citare alcuni esempi,meritano approfondimento ,il Parlamento, opera di Basile , la Galleria Sciarra, prima realizzazione in ferro-vetro-ghisa di De Angelis con dipinti del Cellini, la Galleria Colonna,ora dedicata a Sordi e per poi andare negli altri quartieri per visitare villini singolari come quello Cagiati, Rudinì, Ximenes e la casina delle Civette, una delle costruzioni poste all’interno di Villa Torlonia
Un itinerario a sé è la visita del quartiere Coppedè che in realtà non è altro che un complesso di 26 palazzine e di 17 villini, sorge tra la Salaria e la Nomentana, praticamente inglobato nel quartiere Trieste e tutte a raggiera rispetto alla curiosa fontana delle Rane ubicata in posizione baricentrica nella Piazza Mincio 
Per ora contentiamoci di questa descrizione sommaria ed a volo d’uccello, riservandoci di tornarci in seguito in modo più particolareggiato

giovedì 22 marzo 2012

La chiesa di Santa Aurea ad Ostia antica.




Nei pressi di Roma, ai margini di Ostia vi è  Ostia antica situata  nella pianura presso le foci del Tevere, al margine dell’antica città di Ostia che fu il porto di Roma e i cui scavi costituiscono una delle più monumentali zone archeologiche. Ostia antica è tuttavia nota anche per i monumenti epoca posteriore come il castello, realizzato da Baccio Pontelli ed uno dei primi e più begli esempi di architettura militare del Rinascimento ed ancora la chiesa di Santa Aurea.
Ma chi era Santa Aurea?
Nel IV secolo d.C. vi era l’abitudine, dal momento che prima dell’arrivo dei cristiani i romani erano rigorosamente pagani, di credere in tutte le divinità, le loro, quelle originarie dell’occidente, dell’oriente, dell’Egitto, etc. Sarà solamente l’imperatore Costantino nel 313 d.C. che permetterà a tutti i cristiani di professare la loro religione.
Aurea figlia di un nobile venne trasferita a Ostia Antica perché in quel luogo la sua famiglia aveva dei terreni. 
Ella continuò a seguire la parola di Gesù nonostante avessero avuto inizio le fustigazioni e i maltrattamenti ed a lei tagliarono il seno, ma lei continuò a seguire la parola di Dio. A questo punto decisero di ucciderla affondandola nel mar Tirreno.e per questo motivo 
Aurea,è colei che protegge i navigatori insieme a S.Lucia che indica la strada attraverso la luce.
Fu qui, ad Ostia Antica, costruita la chiesa dedicata a S.Aurea prima dedicata a S.Monica, la protettrice di tutte le mamme in quanto madre di S.Agostino. Della chiesa originale non vi è più traccia ma si sa che aveva una navata centrale come questa e due navate laterali. La chiesa fu spostata o meglio girata dal cardinale Giuliano Della Rovere. Accanto all’altare c’è una colonnina in marmo con su scritto “Aurea”.
L’interno della basilica si presenta ad un’unica navata, con soffitto a capriate, ed illuminata da un rosone e finestre bifore del Quattrocento. Sulla destra è posta la cappella di santa Monica, ove è conservata una lapide sepolcrale, scoperta nei pressi della chiesa nel 1945, che ricorda il martirio della santa. Nella stessa cappella è conservata una Estasi di santa Monica di Pietro da Cortona.
L’abside è introdotta da un arco trionfale costituito da marmi di spoglio e decorato con affreschi del XVI secolo. L’altare moderno è impreziosito da due bassorilievi quattrocenteschi. Le tre pale d’altare sono del Seicento.
La basilica, parrocchia fin dall’epoca paleocristiana, è sede di un titolo cardinalizio assegnato dal XII secolo al decano del collegio cardinalizio.

mercoledì 21 marzo 2012

Collevecchio:un borgo inaspettato.



Alcuni amici mi convinsero in una fredda giornata autunnale di andare a trascorrere un weekend nell’alto Lazio a Collevecchio , un paese non lontano da Rieti.
Mostrai riluttanza, non solo per la rigida giornata che incoraggiava non molto a muoversi da Roma, ma anche per il fatto che a me era sconosciuto Collevecchio.
Appena vi arrivai, fui subito colpito dalla inusitata bellezza del luogo nel vedere dal basso un piccolo paese arroccato,in una fascia collinare che fiancheggia la valle del Tevere e confinante con il Comuni dii S. Oreste (Roma) e Civita Castellana (Viterbo) e, verso l'entroterra sabino, con i comuni di Magliano Sabina, Montebuono, Tarano e Stimigliano. 
Il paese, che conta oggi poco più di 1500 abitanti, è ricco di storia e la sua nascita si ricollega ad un precedente insediamento sito in area bassa , di fondovalle, esposta alle minacce della palude e, in particolare, al suo effetto più disastroso, la malaria. Il vecchio abitato probabilmente si chiamava Colle Muziano (ma viene dato anche nella denominazione di Mozzano). 
Una leggenda vuole che il nome di Collevecchio derivi da Cola vetus, vale a dire da un robusto vecchio di nome Cola che, abitando nella collina, sulla quale fu poi costruito il nuovo paese, sarebbe vissuto più di cento anni. Da questo tipico esempio di longevità, sarebbero stati indotti gli abitanti di Castel Muziano a scegliere quella località come la più adatta, per la salubrità dell’aria, a formare un sano centro di abitazione e per ricordare il buon vecchietto avrebbero dato al nuovo paese il nome di Cola vetus: Collevecchio.
Collevecchio ha visuto la prima parte della sua vita di insediamento all’interno della struttura amministrativa creata dallo Stato della Chiesa. Fu solo in un momento successivo, quando la famiglia degli Orsini acquistò importanza, prestigio e favori, ottenendo tutta una serie di investimenti feudali nel Lazio e nella bassa Umbria, che Collevecchio entrò nell’orbita del sistema delle signorie e, a causa della sua posizione rispetto alla vicina valle del Tevere, rivestì un notevole interesse, amministrativo e politico.
Nel 1605, Collevecchio venne scelta, anche se per un breve periodo, come sede del rettore ecclesiastico della Sabina.
Molti sono i monumenti che testimoniano la storia del paese e tra questi chiese, strutture amministrative, palazzi gentilizi opere pie e realizzazioni tutte da porre in reazione ad un tipo di organizzazione sociale comunque soggetto a regole e principi ecclesiali. . 
Fra gli edifici religiosi si segnala:
La Collegiata dell'Annunziata (fine XII sec.), sita sulla piazza principale del borgo, con un bel portale del XV secolo. All'interno la chiesa ha assunto una configurazione barocca dovuta ai rimaneggiamenti avvenuti nel XVIII secolo. In essa sono conservate alcune opere di notevole interesse, fra cui un crocefisso ligneo policromo (VIII-IX sec.) di stile bizantino, proveniente dall'antica cappella di San Valentino e anteriormente dalla chiesa del castello di Mozzano, e una deposizione eseguita nel 1435 da un pittore fiammingo, copia di un originale di Roger Van der Weyden, attualmente conservato

Fra i palazzi gentilizi si segnala:
Il palazzo Coperchi (XVI sec.), in via Roma, realizzato su disegno di Antonio da Sangallo il giovane, pass� 
Il Palazzo Apostolico (XVII sec.) sulla piazza principale, sede del Governatore Generale della Sabina, ora condominio, e, più anticamente, palazzo della Signoria. Sull'architrave del portale d'ingresso spicca lo stemma degli Orsini. 
La Porta Romana, situata ai piedi del paese e da cui partiva la via che anticamente conduceva a Roma (il c.d. Passo di Roma). 
Il paese è in pieno risveglio culturale, essendo sorte molte strutture culturali incentrate anzitutto sulle confraternite e di S. Antonio, di S. Anna, di S. Bernardino e di S. Prospero, la nascita delle quali si perde nel tempo e che tuttora svolgono una lodevole funzione di traino collettivo e di impegno sociale. 
Particolarmente attiva è la banda musicale che è diretta erede della società filarmonica.
Molto suggestive e di particolare attrazione sono la sagra del panpepato e un bellissimo carnevale con sfilata di carri che mi riprometto, appena mi è possibile di andare a vedere.
Dulcis in fundo 
Collevecchio ha un teatro, uno dei più piccoli di Italia in cui si tengono rappresentazioni di elevato interesse culturale
Per gli appassionati di enogastronomia:
Ovunque si vada si mangia un ottimo cibo genuino in piacevole compagnia ed in una cornice molto ospitale

martedì 20 marzo 2012

Il rione Monti e la via Panisperna a Roma.



Roma non è soltanto ricca di chiese eccelse per la storia e l’arte, ma anche di antichi rioni e strade celebri che affondano le radici nella storia di Roma dal periodo romano, a quello cristiano fino al medioevo , rinascimento, barocco ed anche epoche successive fino ai giorni nostri.
Il più antico rione di Roma è il “Monti” il cui nome deriva dal fatto che comprendeva Il nome deriva dal fatto che comprendeva il colle Esquilino, il Viminale, parte del Quirinale e del Celio.
In epoca romana la zona era densamente popolata lea parte alta del rione dalle terme di Diocleziano alla Suburra era costituita da domus signorili e denominata Vicus patricius (oggi Via Urbana), Nella parte bassa e pantanosa invece vi era la Suburra, dove i plebei, e la zona era fitta di Lupanari.
Nel Medioevo la situazione era ben diversa: gli acquedotti romani erano stati danneggiati ed era difficile far arrivare l'acqua a causa del terreno rialzato (è una zona collinare); per questo gli abitanti tendevano a trasferirsi nel Campo Marzio, zona pianeggiante a valle dei colli. Del resto gli abitanti di Roma erano abituati a bere l'acqua del Tevere, allora potabile.
 Dal Medioevo fino agli inizi del 1800 il rione rimase essenzialmente una zona ricca di vigne e orti, ove tuttavia affluivano molti pellegrini per visitare le basiliche diSan Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore In epoche successive a causa di radicali interventi urbanistici il rione modifico completamente anche pr la coruzione ne periodo fascista dei fori imperiali
In questo importante rione, di cui si riporta un'illustrazione raffigurante la torre delle Milizie situata alle spalle del mercato traianeo, vi è la via Panisperna che fu prima dell’ultima guerra mondiale lacapitale dell’atomo. Lì infatti furono gettate le basi della fisica nucleare da Fermi, Amaldi, Maiorana , Pontecorvo, Segre tanto per citarne alcuni tra i più famosi.
La via Panisperna che si snoda nel rione con lunghi saliscendi da Magnanapoli alla via Urbana è curiosa per il suo toponimo.
Infatti secondo una teoria deriva dal latino e significa pane e prosciutto. Secondo Costantino Maes in quella zona vi era il Tempio di Giove Fagutale al quale si sacrificava un porco (ecco la perna, ossia il prosciutto)
Secondo un’altra interpretazione in quell’area vi erano le Terme di Olimpiade dinanzi alle quali San Lorenzo fu arrostito disteso su verghe di ferro formanti una grossa graticola.

lunedì 19 marzo 2012

Yvoire ed il giardino dei cinque sensi.


Sul lago Lemano si affacciano paesi rivieraschi incantevoli appartenenti sia alla Svizzera sia alla Francia.
Tra quelli francesi eccelle senza dubbioYvoire situata nl dipartimento dell’Alta Savoia.
Yvoire, che dista poco meno di un’ora da Ginevra, è un incantevole borgo medievale del 1306 strategicamente fortificato dal conte Amedeo V di Savoia, sulla riva del Lago Lemano. Yvoire è classificato tra i più bei paesi di Francia molto attraente dal punto di vista turistico Dal suo porto potrete imbarcare per crociere, a bordo di battelli a vapore muniti di ruote a pale, della Compagnia generale di navigazione, i quali servono durante la stagione turistica tutti i porti del lago Lemano.

Le costruzioni più antiche risalgono al XII (creazione della signoria d'Yvoire), ma Yvoire era già un borgo prima. Le fortificazioni, datate del XIX secolo, sono state erette su ordine di Amedeo V il grande conte di Savoia. Il Castello d'Yvoire, costruito anch'esso nel XIV secolo, fu rapidamente distrutto dai Bernesi durante uno dei numerosi conflitti che li opposero ai conti di Savoia. Sarà rialzato nel corso del XVI secolo, il mastio aspetterà l'inizio del XX secolo per ritrovare il tetto attualmente conosciuto.
Camminando nella direzione del lago si incontra la chiesa di San pancrazio con uno sfolgorante campanile a bulbo
Una leggenda narra che il. Sindaco della città avesse portato all'architetto, che doveva curare i restauri, un pesce dal ventre argentato e gli avesse chiesto di dare lo stesso colore al campanile, in modo che riflettesse il sole e fosse visibile da tutto il lago.
Venne accontentato.
Yvoire vanta una flora stupenda rappresentata dal Giardino dei cinque sensi situato proprio nel cuore del paese
E’.un luogo di poesia e di sogni, un labirinto vegetale evoluente col susseguirsi delle ore e delle stagioni, un universo di colori, profumi, suoni e tessiture
Il giardino è stato restairato secondo l'arte e la simbologia dei giardini del Medioevo : labirinto per i cinque sensi , frutteto , rose antiche , chiostro vegetale con piante medicinali e aromatiche , fontane , voliera ...
E’ un universo di colori , di profumi , di suoni e di sensazioni tattili che si evolve al trascorrere delle ore e delle stagioni. fuori dal tempo per piccoli e grandi  e consente passeggiate nella pace e fuori dal tempo per piccoli e grandi

Il giardino è classificato come "Jardin Remarquable" cioè "Giardino eccellente" dal Ministero della Cultura.
E’ stato creato in un’antica dimora del vecchio borgo il vivario che, permette di scoprire ed apprezzare numerosi rettili dei cinque continenti, e si dice anche il serpente a due teste. Questo stabilimento è un vero centro erpetologico di altissimo livello e rinomanza scientifica.

Si segnala nelle vicinanze Evian famosissimo per i suoi bagni.

domenica 18 marzo 2012

Pointe du Raz: un luogo di incanto sull'Atlantico.



Sin da quando ero sui banchi di scuola, ormai molti anni fa, e studiavo la geografia d’Europa, avevo il sogno di visitare la Bretagna una terra aspra, all'estrema punta occidentale, lontana dalle atmosfere mediterranee della Costa azzurra ed esposta ai venti furiosi dell’atlantico.
Dopo aver fatto molti viaggi in Francia ed anzitutto a Parigi, il sogno si è avverato nel 2006, quando ho avuto il tempo di dedicare alcuni giorni alla visita di questa regione al nord della Francia (Breizh in bretone), antico Stato indipendente che forma un vasto promontorio verso la Manica e l’oceano atlantico.
Una delle provincie della Bretagna,divisa tradizionalmente tra la costa detta Armor e l'entroterra detto Argoat è quella di Finistere con capoluogo Quimpur
E proprio in questa regione ho girovagato molto,ammirando i suggestivi panorami atlantici per poi fermarmi a la pointe du Raz,maestosa con le sue rocce che precipitano sulle acque sempre agitate dell’oceano.
In questo luogo,in quella giornata di maggio, non diversamente da altri giorni dell’anno, la brughiera era spazzata dal vento,e le onde si infrangevano sulle rocce con spruzzi bianchi di schiuma. Un paesaggio di una bellezza inusitata e da mozzafiato con pochi segni lasciati dall'uomo come ad esempio un faro e la statua di Notre Dame des Trépassés, costruita nel 1904 in memoria di tutti i naufraghi.
Per godere appieno di questo luogo meraviglioso, si deve seguire un sentiero da brividi che, a strapiombo sul mare, gira attorno al promontorio, fino a giungere al punto più spettacolare chiamato,in modo significativo, l'Inferno di Plogoff.
Pointe du Raz per il suo fascino, tanto più intenso, nelle giornate plumbee e ventose,non è il solo luogo suggestivo di Finistere (Finis terrae) e dell’intera Bretagna che è tutta permeata da un’atmosfera di mistero ,piena di leggende che hanno come protagonisti la fata Morgana, Re Artù , Lancillotto, ed i cavalieri del Santo Graal.
Non si possono concludere queste sintetiche note di viaggio se non si ricorda ad esempio Dinan che è una città con scorci che sanno di antico e che riportano in un ambiente di altri tempi, e soprattutto Carnac (la capitale dei megaliti costruzione tutte allineate , dolmen incisi da simboli oscuri, tumuli di pietra la cui costruzione è antecedente alle piramidi egizie.
Ma avremo occasione di tornare a parlare della Bretagna e della sua gente che ama tradizioni ed usi popolari che sànno di antico, anzi di celtico.
Per ora limitiamoci ad uno sguardo di insieme di una terra aspra , dai forti contrasti e per questa amata da artisti celebri come il pittore Gaugain che diceva:
amo la Bretagna,amo il suo carattere selvaggio e primitivo

venerdì 16 marzo 2012

Il teatro romano di Marcello,modello architettonico per gli artisti del Rinascimento



Non lontano da Piazza Venezia a Roma si possono ammirare i resti del teatro di Marcello su cui oggi si erigono le sovrastrutture del palazzo Savelli, in seguito Orsini e poi Caetani.
Nulla o poco rimane del grandioso teatro di Marcello, incominciato da Cesare,portato a compimento da Augusto nel 13-11 a. C. e dedicato alla memoria del nipote Claudio Marcello morto non ancora ventenne nel 23 a.C.
Il grandioso monumento,che fu preso a modello dagli architetti del Rinascimento,era costituito all’esterno  di due ordini di 41 arcate ciascuno, il primo dorico, il secondo ionico e secondo alcuni anche da uno in ordine corinzio., come nel Colosseo. L’architettura  esterna era di travertino, mentre i muri radiali e gli ambulacri erano di tufo.
Verso la fine del duecento  nel teatro trasformato in fortezza, subentrarono i Savelli che incaricarono Baldassarre Peruzzi   di costruire due piani del palazzo il quale acquistò forma definitiva nel 1742 quando passò agli Orsini.
Davanti al teatro a destra si trovano le tre colonne angolari del tempio di Apollo Soniano eretto nel 433.431 a, C rifatto nel 179 assumendo l’appellativo di Apollo Medicus. E poi ricostruito  nel 34 a.C dal Console C.Sosius.

giovedì 15 marzo 2012

Il Molino spagnolo di Orbetello.


Orbetello che si trova  nel territorio grossetana sorge nel bel mezzo della laguna ed è collegata al promontorio dell 'Argentario tramite una strada costruita su un terrapieno artificiale che divide la laguna stessa in due specchi d'acqua ( la laguna di Ponente e quella di Levante). e che risale al periodo di Leopoldo II,
 La zona umida lagunare è delimitata verso il mare da due tomboli ( la Feniglia e la Giannella) caratterizzate da lunghe spiagge sabbiosem pinete e macchia mediterranea.
Dedichiamo la nostra attenzione in particolare al Mulino spagnolo, unico superstite di nove mul nel 1842ini costruiti nella laguna nel Cinquecento. I mulini nel passato sfruttavano la forza dell'acqua per la macinazione del grano  che veniva portato ai mulini  mediante barchini , tipiche imbarcazioni lagunari.
Il Mulino superstite  che è un simbolo di Orbetello  si presenta a forma circolare con copertura conica ed elica a vento posteriore ed è stato restaurato dagli Spagnoli, quando la città lagunare divenne la capitale del piccolo stato dei Presidi (1557)
Il Mulino spagnolo è ben visibile nella laguna e si ammira anche dall'Argentario.











mercoledì 14 marzo 2012

La Trinità di Vallepietra nella cornice dei monti Simbruini





Al confine tra il Lazio e l’Abruzzo si trova il Parco naturale dei Monti Simbruini, un’area protetta di 30000 ettari,coperta soprattutto da boschi.
Il parco,che fa parte del sistema appenninico e che comprende comuni importanti come Cervara di Roma, Jenne , Subiaco, Vallepietra , Filettino, è assai ricco di acqua da cui il toponimo Simbruini (sotto le piogge) che alimenta anche parte della Capitale.
Il territorio, morfologicamente carsico, rappresenta un singolare intreccio di natura e cultura con i suoi santuari e monasteri, tangibile segno di profonda spiritualità. Qui la fauna è ricca e composita; tra i mammiferi sono presenti il lupo, l'orso, il capriolo, il tasso, la volpe, il gatto selvatico, l'istrice, la martora, lo scoiattolo, la faina, il cinghiale. Numerose le specie di uccelli tra le quali, con un po' di fortuna, è possibile avvistare il falco pellegrino, l'allocco, il gufo e l'aquila reale. Altrettanto rigogliosa è la flora con genziane, narcisi, gigli e viole ;caso più unico che raro è la presenza delle orchidee. 
L’aspro territorio tra l’altro è stato fin dall’antichità sede di vie di transumanza legate alla cultura pastorale appenninica ed in particolare in epoca romana divenne noto per la grande ricchezza paesaggistica e di risorse idriche, sfruttate a fondo mediante ardite opere di ingegneria idraulica.
Fu proprio in questa area che Nerone sbarrò il corso del fiume Aniene con tre dighe, creò laghi artificiali e fece costruire una splendida villa di cui oggi rimangono soltanto dei ruderi.
In questa stupenda cornice San Benedetto alla fine del V secolo fondò il suo primo monastero, dopo aver dimorato per tre anni in una grotta vicina, oggi visitabile il Sacro Speco.
Sorsero successivamente ben 12 monasteri tutti lungo la valle di cui resta a testimonianza quello di Santa Scolastica 
Ma qui vogliamo parlare del Santuario della Trinità di Valle Pietra che ha l’aspetto di una piccola chiesa di montagna; è posto su un ripiano ai piedi dell’immensa e impressionante parete rocciosa del monte Autore, a 1.337 metri di altitudine a soli due chilometri dal confine del Lazio con l’Abruzzo.
La sacra costruzione sorge in un luogo occupato nei primi tempi del Cristianesimo da pochi eremiti. o monaci orientali cui si dovrebbeee l’origine del culto.
L’atteggiamento benedicente alla maniera greca delle “Tre Persone” ivi venerate e la particolare toponomastica dei luoghi circostanti potrebbero avvalorare tale ipotesi. Infatti il monte posto di fronte al Santuario si chiamava fino al secolo scorso Sion e il paese più vicino, dal versante abruzzese, è Cappadocia (come la regione orientale).
Un’altra ipotesi attribuisce la fondazione del Santuario a San Domenico di Sora.
Nel santuario l’antico grande affresco che rappresenta le “Tre Persone” occupa la parte più elevata della parete occidentale. In esso v’è l’evidente impronta dell’iconografia bizantina. Esse sono dipinte sedute su un unico Trono, benedicenti alla maniera greca unendo il pollice con l’anulare, con un libro aperto nella mano sinistra e poggiato sulle ginocchia. 
La somiglianza del loro sguardo, il medesimo abbigliamento, l’identico atteggiamento nel benedire, significa con evidenza che il gruppo è da considerarsi, secondo la teologia, trino e uno. .
E’ una trinità insolita perché secondo la Chiesa Cattolica la raffigurazione della Trinità è, in forma di colomba, del Padre e del Cristo Crocifisso.
L’interpretazione dell’autore dell’affresco di Vallepietra (di scuola romana del 1100-1200) è accettata considerando la tradizionale devozione popolare che lo riguarda.
Altre pitture parietali che qui si ammirano sono ispirate a passi del Vangelo, resi secondo lo stile bizantino: L’Annunciazione, La Natività, L’Adorazione dei Re Magi, La Presentazione di Gesù al Tempio.
Altrettanto interessante è la visita alla Cappella di Sant’Anna fatta scavare nella viva roccia.
Al di sopra dell’altare c’è un’icona dipinta che rappresenta Sant’Anna e la Madonna Bambina. Il quadro fa parte di una bella trifora avente ai lati la raffigurazione degli Apostoli Pietro e Giovanni.

Vi si svolge di consueto un pellegrinaggio a piedi nelle notti dopo Pentecoste in cui migliaia di persone si incamminano dai propri rispettivi paesi per raggiungere, alla vigilia della solennità della Trinità, l’impervio Santuario.
Degno di nota è anche Il pianto delle zitelle,una laude sacra composta all’inizio del 1700. E’ rappresentata e cantata dalle “Zitelle” sul piazzale del Santuario la mattina della festa della SS. Trinità. Tutte sono vestite di bianco, solo la Madonna veste di nero. Attraverso i simboli e i personaggi che hanno accompagnato le ultime ore della vita di Gesù e la sua morte, il Pianto, struggente, invita i pellegrini alla conversione facendo rivivere intensamente la Passione di Cristo.

lunedì 12 marzo 2012

Reminiscenze mitologiche di viaggio



Molti anni fa procedendo sulla rotta Roma Istambul , tutto ad un tratto il pilota annunziò che stavamo sorvolando il celeberrimo monte Olimpo un luogo mitico a cavallo fra la Macedonia e la Tessaglia, non lontano dal mare Egeo.
E’ il più alto massiccio di tutta la Grecia con la vetta massima, il Mitikas, che raggiunge i 2.917 metri di altezza; interamente ricoperto da una fitta vegetazione di montagna si trova all’interno dell’omonimo parco nazionale che conta una estensione di circa 3.998 ettari.
Nel vederlo dal finestrino fui preso da intensa emozione e mi vennero in soccorso le reminiscenze mitologiche dei banchi di scuola. Nel guardare dall’alto quella vetta, andai con la mente alle raffigurazioni degli Dei che abitavano gli olimpi, cioè abitazioni cotruite da Efesto per Zeus e la sua numerosa famiglia: Era sua moglie, Poseidone suo fratello ed Estia sua sorella, Ares, Ermes, Efesto, Afrodite, Atena, i gemelli Apollo e Artemide, Demetra e Dioniso.
Ed ancora pensai a banchetti allietati dalle Muse e da festeggiamenti con nettare ed ambrosia.
Tornai dall’immaginazione alla realtà ed il mitico Olimpo era già lontano.

sabato 10 marzo 2012

La statua equestre di Giuseppe Garibaldi al Gianicolo




Non vi è luogo d’Italia da nord a sud d’Italia in cui non vi sia una lapide, una statua od anche un’abitazione che ricordi questo grande padre della Patria.
Ebbene non vi è modo migliore che ricordarlo a 150 anni dall'unità d'Italia, se non parlando della statua equestre di Giuseppe Garibaldi posto sul punto più alto del Gianicolo a Roma.
Il monumento è costituito da una statua in bronzo che raffigura l'eroe in sella alla sua cavalla bianca Marsala. E’ posta su un grande piedistallo di marmo, ai lati dei quali sono scolpite le figure allegoriche dell'Europa e dell'America, oltre ai bassorilievi rievocanti lo sbarco a Marsala, la resistenza di Boiada, la difesa di Roma e il gruppo della libertà.
Il monumento equestre è in bronzo e spicca sull'alto piedistallo di granito adorno di quattro gruppi pure in bronzo, rappresentanti: la difesa di Roma nel 1849, la battaglia di Calatafimi nel 1860, l'America e l'Europa.
Il posizionamento del monumento fu oggetto negli anni anche di diverse interpretazioni di natura politica, essendo stato inaugurato quando ancora le relazioni fra il Regno d’Italia e la Santa Sede erano interrotte. La versione ufficiale dichiarava che l'Eroe volgeva lo sguardo verso il Vaticano. Dopo i Patti del 1929, la statua fu voltata verso il Gianicolo per volere del Vaticano stesso. Una notissima leggenda romana sottolinea come adesso sia piuttosto il cavallo a porgere le terga alla Santa Sede. Il monumento è stato restaurato dal Comune di Roma nel 1990.

venerdì 9 marzo 2012

Le rovine della Torre Janula, baluardo difensivo dell’abbazia di Montecassino.

 

A mezza costa, prima di arrivare all’abbazia di Montecassino, fulgida testimonianza di San Benedetto e della sua regola “ora et labora”, si trova la torre di Janula che, imponente e superba, sovrasta la valle.
Il nome Janula perché si fa risalire al Dio Giano a cui su quel colle in tempi precedenti vi era presumibilmente un luogo di culto.
Janula può avere tuttavia anche un altro significato cioè quello di piccola porta verso Montecassino
Non è un caso che in tempi più recenti la rocca fosse dedicata alla Madonna “ Janua Coeli cioè porta del cielo.
La rocca, che fu per secoli il fulcro militare della signoria della Terra di San Benedetto subì alterne vicende, distruzioni e ricostruzioni Nella sua storia la rocca subì varie contese, distruzioni e ricostruzioni. Nel 1004 fu danneggiata da un terremoto. E dopo essere stata occupata nel XII secolo dalla popolazione di San Germano la rocca fu ricostruita dall’abate Gerardo che provvide a riconquistare la rocca ed a ripristinare le parti danneggiate
Federico II dapprima preoccupato delle potenzialità strategico-militari della rocca ne ordinò la distruzione e poi provvide alla ricostruzione in contesa con papa Gregorio IX.
Per questo motivo l’architettura della rocca assunse elementi di impronta sveva.
La rocca ebbe un carattere strategico anche in fasi successive durante le varie dominazioni degli Aragona e gli Angiò fino a che non perse il predominio fortificato nell’area circostante.
Nel 1600 fu costruita una nuova strada di collegamento tra San Germano e l’Abbazia superiore di Montecassin e nel 1700 ormai Rocca Janula non è più patrimonio degli abati, essendo inserita nel demanio di Carlo III di Borbone.
L’ultima Guerra Mondiale ha pesantemente contribuito a distruggere gran parte delle residue strutture murarie della Rocca Janula.
Nei pressi della rocca è stato realizzato da Umberto Mastroianni il monumento della Pace come segno tangibile delle distruzioni belliche del 1944 e vero monito di pace per le future generazioni.

giovedì 8 marzo 2012

La Chiesa di Santa Restituta ad Ischia.




Intere biblioteche conservano libri, che parlano nel corso dei secoli di Ischia e Capri, le meravigliose perle del golfo di Napoli.

Ischia,l’isola verde per antonomasia è molto più ampia ristetto a e vanta comuni importanti come Lacco Ameno, Porto d’ischia, Forio d'Ischia, Varano. Casamicciola.

Sarebbe superfluo dilungarsi su Ischia per decantare le superbe bellezza di una terra incantevole meta ininterrotta di visitatori.

Qui ci dedichiamo al Santuario di Santa Restituta, una giovane che nell'anno 284 viene flagellata crudelmente in Africa, quindi viene posta su una barca carica di stoppa.

La vecchia barca priva di remi e di vele viene rimorchiata al largo della costa e qui viene appiccato il fuoco.
Le fiamme risparmiano però il corpo della giovane.

Appare allora un angelo del Signore e le sue ali sospingono la barca fino all'Isola di Ischia fino alla Baia di San Montano, dove miracolosamente attracca. In breve sui declivi dell'isola si diffonde un nuovo profumo: sulla sabbia fioriscono i gigli.
La chiese, dedicata al culto di S.Restituta risale ad una Basilica Paleocristiana del IV-V sec., sui cui resti nel 1036 venne eretta la nuova chiesa, cosiddetta "madre" o "grande". La chiesa venne ristrutturata nel 1700 e ricostruita,come si presenta attualmente, dopo il terremoto del 1883 e venne riaperta al culto il 2 luglio 1886. La facciata é stata realizzata nel 1910.
L’interno è ricco di opere d’arte: sull'altare maggiore in marmo spicca il quadro con la Madonna del Carmine del 1560, Sant'Agostino e Santa Restituta sulla barca sospinta dagli angeli. Ai lati vi sono due quadri: quello sulla sinistra raffigura San Nicola da Tolentino, quello sulla destra San Tommaso da Villanova. Entrambi della prima metá dell'800, sono attribuiti a Filippo Balbi.

Nell'attigua cappella di Santa Restituta é collocato un altare con un pregevole paliotto di marmo intarsiato. Al di sopra, in una nicchia, é custodita la veneratissima statua lignea di Santa Restituta, opera del XVI secolo.

Il Museo merita assolutamente una visita ed è una testimonianza diretta della vita e della cultura in Ischia dai greci al primi cristiani. Il Museo, difatti è stato realizzato sui luoghi stessi degli antichi insediamenti.

Attualmente il Museo raccoglie anche numerosi reperti archeologici di varie epoche ritrovati non solo a Lacco Ameno - nei luoghi di insediamento dell'antica città di Pitecusa - ma su tutta l'isola.

mercoledì 7 marzo 2012

Volterra e la splendida Deposizione della Croce di Rosso Fiorentino.



Ci troviamo a Volterra, in Toscana, nella provincia di Pisa ove tradizione storica,splendido paesaggio ed arte sono componenti essenziali.
A Volterra la storia ha lasciato il suo segno con continuità dal periodo etrusco fino all'ottocento, con testimonianze artistiche e monumentali di grandissimo rilievo, che possono essere ammirate semplicemente passeggiando per le vie del centro storico, ma anche visitando i musei cittadini: il Museo Etrusco, la Pinacoteca Civica, il Museo d'Arte Sacra.
Accanto a questi monumenti si può trovare un paesaggio incontaminato, una qualità della vita ancora a dimensione umana e un artigianato artistico unico al mondo: l'alabastro.
Volterra conserva un interessante centro storico di origine etrusca: infatti. Il nome è ovviamente d'origine etrusca ed in seguito adattato al latino volaterrae.
Velathri (antica denominazione etrusca dell'attuale Volterra) faceva parte della confederazione etrusca, detta  dodecapoli estrusca  o lucumonia ,di cui rimangono la Porta dell’arco , la porta Diana e gran parte della cinta muraria, nonché numerosi ipogei utilizzati per la sepoltura dei defunti.
Vi sono altresì rovine romane ed edifici medievali come la cattedrale ed il palazzo dei Priori sull’omonima piazza
Il Duomo di Volterra è stato costruito nel corso del 1100 e del 1200, su quella che era già una chiesa preesistente dedicata a Santa Maria.
Il portone in marmo risale al 1200, mentre la pianta è a croce latina a tre navate, in tipico stile romanico.
Tra tutte le opere di valore conservate all’interno del Duomo di Volterra, la più antica è senza dubbio il cosiddetto gruppo scultoreo della Deposizione, risalente alla prima metà del XIII secolo: si tratta di cinque statue in legno, dedicate alla scena della Deposizione di Gesù Cristo dalla croce, realizzate da un artista rimasto ignoto.
Concentriamoci  tuttavia nella visita del museo civico ricco di opere d’atre celebri come quelle di Luca Signorelli e del Rosso Fiorentino di cui è  a dir poco incantevo la pala raffigurante la Deposizione dalla croce del Rosso Fiorentino, firmata e datata 1521: dallo "sconficcamento" del corpo del Cristo dalla croce, in alto, si scende alla visione dei dolenti che piangono la morte del Salvatore, mentre la Maddalena con ardita invenzione iconografica anziché abbracciare la croce, si getta ai piedi della Madonna e il S. Giovanni si allontana dal gruppo, nascondendosi il volto fra le mani.