lunedì 30 gennaio 2012

Napoli:il chiostro maiolicato di Santa Chiara.





Per coloro che intendano trovare un’oasi di pace e serenità nel cuore della Napoli popolare che si snoda intorno alla Chiesa del Gesù , al palazzo Filomarino, celebre dimora di Bendetto Croce ed alla chiesa di Santa Chiara si rifugi nel grandioso chiostro maiolicato delle Clarisse.
Questo luogo paradisiaco, pervaso dalla musica del silenzio,originariamente di matrice gotica, fu trasformato nel 1742 da Domenico Antonio Vaccaro che ne rivestì la struttura e i ben 72 pilastri ottagonali di stupende mattonelle policrome in gusto rococò, disegnate dallo stesso Vaccaro e realizzate dai "riggiolari" napoletani Donato e Giuseppe Massa.
I pilastri, intervallati da sedili, sono decorati con motivi a tralci di viti e glicini, che si avvolgono a spirale fino al capitello di sostegno del pergolato. Sulle spalliere dei sedili, anch'essi maiolicati, sono rappresentati motivi agresti, marinari e mitologici.
Il chiostro vede la presenza di due ampi viali interni che si incrociano al centro e da ampie aree a giardino, prevalentemente destinato ad agrumeto; come si intuisce anche dai temi delle decorazioni, all'epoca esso si caratterizzava più come giardino di delizie che come luogo semplicemente destinato al raccoglimento e alla preghiera. Il chiostro ben noto per le maioliche è altresì importante per il ciclo pittorico degli affreschi seicenteschi che occupano interamente la superficie parietale del Chiostro.

domenica 29 gennaio 2012

Saint Sulpice a Parigi e le opere di Delacroix



Parigi non è solo nota per Notre Dame, i campi Elisi, Les Invalides, il trocadero, la bastiglia e così via di seguito.
Sono meritevoli di attenzione anche altri luoghi come il quartiere di Marais di cui abbiamo già parlato e come ad esempio la La Chiesa di Saint Sulpice. 
La Chiesa,situata nell'omonima piazza nel quartiere Luxemburg nei pressi del Palazzo di Lussembrugo - sede del Senato Francese - e difronte alla “Fontana dei Quattro Vescovi” costruita nel 1844 da Joachim Visconti ha una facciata in stile classico.
Al suo interno sono conservate opere d'arte uniche al mondo.
All'interno della chiesa la cui costruzione iniziò nel 1646 e si concluse nel 1778 sono conservate alcune opere d'arte di artisti francesi famosi in tutto il mondo: 
le acquasantiere di Jean Baptiste Pigalle, ma sopratutto
due affreschi raffiguranti “Giacobbe che lotta con l'angelo” e “Eliodoro scacciato dal tempio” nella Chapelle des Anges
Entrambi furono realizzati da Eugène Delacroix (Saint-Maurice, 26 aprile 1798 – Parigi, 13 agosto 1863) che fu un artista e pittore francese, considerato fin dall'inizio della sua carriera il principale esponente del movimento romantico del suo paese.

Contrariamente al suo principale rivale Ingres, che ricercava nelle proprie opere il perfezionismo tipico dello stile neoclassico, Delacroix prese spunto dall'arte di Rubens e dei pittori del Rinascimento veneziano, ponendo maggiore enfasi sul colore e sul movimento piuttosto che sulla nitidezza dei profili e sulla perfezione delle forme. Altrettanto maestoso all'interno della chiesa èl'organo settecentesco costruito da François Henri Clicquot ed ingrandito nel XIX secolo con 6.700 canne
Una curiosità è la presenza di una meridiana collocata sulla parte nord del transetto e dalla quale parte un filo d'ottone che percorre tutta la navata centrale della chiesa, questa meridiana fu introdotto dagli studiosi dell'Osservatorio di Parigi su richiesta del parroco per stabilire con precisione la data di Pasqua coincidente con l'equinozio di marzo.

sabato 28 gennaio 2012

Arpino nel cuore della Ciociaria: testimonianza di storia, arte e cultura.


Nel cuore della Ciociaria non lontano da Cassino e dalla famosa abbazia di Montecassino, si dispiega su una collina in tre frazioni di cui la maggiore è Civitavecchia, il paese di Arpino,
Si tratta di un crocevia di storia, cultura ed arte perché ha dato i natali a Caio Mario, a Marco Tullio Cicerone e al “cavaliere d’arpino”
Senza Caio Mario la storia romana avrebbe avuto un altro corso infatti egli si può definire nella storia della repubblica romana l’Homo novus.
Questo console romano modificò infatti radicalmente l’ordinamento militare della repubblica romana perché varò riforma della leva militare, che in passato raccoglieva solamente proprietari terrieri, e che da allora fu aperta anche a cittadini provenienti dalle classi dei nullatenenti. Nel lungo termine ne furono modificati così in modo irreversibile i rapporti tra esercito e Stato.
Non meno importante è l’impronta data da Cicerone l’arpinate per eccellenza,vera figura di spicco dell’oratoria romana.
Egli lasciò in giovane età il paese d’orine per andare a Roma: tuttavia, quando poteva, ritornava sovente nella città natale.
Lo stesso accadeva molti secoli dopo per Giuseppe Cesari vissuto a cavallo tra il '500 ed il '600 che ha lavorato moltissimo per le committenze papali per lungo periodo.
Anch’egli torna spesso al paese d’origine ove ha lasciato opere memorabili come ad esempio la grande tela raffigurante l’Arcangelo Michele vittorioso su Lucifero e sulla volta dell’abside la maestosa figura del Padre Eterno.
E’ conservata nella chiesa di San Michele Arcangelo situata nella piazza principale di Arpino e costruita sull’are di un tempio pagano dedicato verosimilmente ad Apollo ed alle nove muse.
Non meno importanti sono le testimonianze megalitiche che chiudono completamente con la loro cinta l’acropoli di Civitavecchia,
Sono chiamate anche mura ciclopiche per la grandezza dei massi con cui sono state costruite,In essa si apre un arco a sesto acuto, unica del genere in Europa e dominata dalla torre di Cicerone.
Questa in sintesi è Arpino che fu abitata anche i Volsci, seguiti dai sanniti e dai romani e successivamente dai Longobardi, dai Franchi, gli Ungari, Normanni e Svevi.

venerdì 27 gennaio 2012

Il borgo fortificato di Glorenza in Val Venosta.


 



Nell’alta valle Venosta in Alto Adige, procedendo da Merano verso il Passo Resia, si incontra il borgo di Glorenza il cui nome si trova per la prima volta. in documenti del 1294.
E’ un borgo veramente unico in Alto Adige ,un autentico gioiello architettonico di grande suggestione. Le mura di cinta completamente conservate, con le tre imponenti torri e tutta una serie di torrette di guardia, racchiudono pittoreschi vicoli ed angoli, case padronali del XVI secolo e porticati dal fascino particolare.
Il sapiente risanamento ha dato alla cittadina nuova vita, salvaguardandone la sua peculiarità. 
Suggestivi portici, luogo di sosta preferito dalle mucche, cortili interni, case con facciate del primo gotico ed infine la piazza del Mercato con la fontana invitano alla tranquillità ed alla serenità.
Molti sono i luoghi interessanti di Glorenza e tra questi le vestigia del XII secolo e i portici (XIII secolo), una serie di case patrizie del Cinquecento e soprattutto il muro di cinta rinascimentale perfettamente conservato con tre bastioni mediani e quattro bastioni angolari nonchè i suoi tre portoni (chiamati di Malles, di Sluderno e di Tubre o della chiesa). 
La chiesa parrocchiale di S. Pancrazio è un edificio tardo gotico con campanile barocco a bulbo, un prezioso affresco in tre parti, risalente al XII secolo ed interessanti oggetti di arredamento, nonchè pietre sepolcrali.
Da visitare è anche la Chiesetta di San Giacomo (con affreschi romani) vicino a Söles a 1,5 km da Glorenza in direzione di Prato allo Stelvio. La chiesa risale al 1220 ed è la più antica chiesa di San Giacomo del Tirolo.
Non lontano è il Lago di Resia (in tedesco Reschensee),un lago alpino artificiale situato in val Venosta a 1.498 m nel comune di Curon Venosta (BZ), a nord del vicino lago di San Valentino alla Muta. Con la sua capacità di 120 milioni di metri cubi è il lago più grande dell'Alto Adige. 

giovedì 26 gennaio 2012

Le vestigia feudali di Sant'Elmo a Napoli.

 




Napoli vanta quattro castelli importanti dal punto di vista storico ed artistico:Maschio Angioino, Castel dell’Ovo, Castel Capuano e Castel Sant’Elmo.
Quest’ultimo è il meno conosciuto dai napoletani anche perché per molti anni non è stato accessibile ai visitatori.
Il castello rappresenta uno dei più significativi esempi di architettura militare cinquecentesca ed era concepito su pianta stellare con sei punte che sporgono di venti metri rispetto alla parte centrale e collocò, in luogo dei tiranti, enormi cannoniere aperte negli angoli rientranti
Cinto da un fossato era dotata di una grande cisterna per l'approvvigionamento d'acqua. Prima del fossato sorge una piccola chiesa dedicata, nel 1682 dagli spagnoli, a Nostra Signora del Pilar.
Purtroppo poco o nulla è rimasto dell’originario castello medievale: le sue vestigia sono andate infatti distrutte e testimonianza fondamentale ed unica è la tavola Strozzi del XV secolo conservata nel museo Capodimonte di Napoli.Nella tavola lungo i margini della collina del Vomero che appare coperta da una fitta vegetazione, compare in primo piano il recinto esterno del Chiostro di San Martino.
Alle spalle del chiostro si colloca il forte angioino di cui è riconoscibile sempre nella tavola il sistema delle difese del forte che fu eretto intorno al 1328 in un luogo in cui era originariamente esisteva una torre costruita dai normanni e chiamata Berfort intorno alla quale Carlo d’Angiò fece costruire poderose mure di cinta.
Il castello nel corso dei tempi fu dotato di prigioni e nel 1604 fu rinchiuso nel forte il filosofo Tommaso Campanella frate domenicano irr Accanto a Catel Sant’Elmo è situata La Certosa di San Martino che è tra i maggiori complessi monumentali di Napoli e che rappresenta in assoluto, uno dei più riusciti esempi di architettura e arte barocca insieme alla Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro. la Certosa ospita dal 1866 il Museo di San Martino in cui sono raccolti preziosi presepi napoletani tra cui quello "Cuciniello"
Questo castello nel succedersi delle sue costruzioni e demolizioni è dunque un evidente esempio dell’importante ruolo che Napoli ha assunto nel corso dei secoli dal punto di vista artistico: in tale contesto si colloca il castello Sant’Elmo che nella sua forma originaria doveva rappresentare senza dubbio una delle opere più significative del dominio angioino nella città partenopea.

mercoledì 25 gennaio 2012

Rieti: l'ombelico di Roma ed il teatro Vespasiano



Quando si parla di Rieti, si associa il concetto di ombelico. Non è una battuta poiché Rieti per dirla con il reatino Varrone è proprio “umbilicus Italiae”, avendo una posizione al centro della penisola e di quella regione sabina considerata dagli antichi come la gran madre dei popoli italici e della quale Reate fu la capitale.

Rieti è una città ridente, ma anche fredda perché ai piedi del monte Terminillo.
Cicerone paragonò la sua conca pianeggiante cinta da alte montagne e percorsa dal fiume Velino alla tessalica Tempe,la verdissima valle ai piedi dell’Olimpo.
I maggiori monumenti, sebbene siano presenti anche testimonianze della civiltà romana e tracce ancola più lontane del leggendario ratto delle sabine, sono soprattutto medioevali.

Tra questi di particolare rilievo è il Duomo dell’Assunta con forme romaniche che risalgono ai secoli XII-XIII secolo. Non meno importante è il campile romanico con due piani di doppie bifore All’interno vi sono opere del Bernini, di Antoniazzo Romano e la notevole statua di Santa Barbara scolpita da Giannantonio Mari su disegno del Bernini.

Di rilievo sono altresì il Palazzo vescovile, la chiesa gotica di S. Agostino e la chiesa romanica di S. Pietro ed ancora il Palazzo Comunale ove ha sede il museo civico, il palazzo Vecchiarelli e la chiesa di S. Antonio progettata da Jacopo Barozzi detto il Vignola.

Nella metà del secolo XIX Achille Sfondrini che aveva già realizzato il teatro Costanzo di Roma, eresse il teatro Flavio Vespasiano in omaggio all’imperatore Vespasiano illustre figlio della Sabina, non certo noto soltanto per avere istituito i Vespasiani
http://curiositlessicali.blogspot.com/2010/09/pecunia-non-olet.html#links

A seguito di un terremoto nel 1898 l’edificio ebbe danni irreparabili . . La bella cupola dipinta da Giacomo Casa non è restaurabile e il Comune affida a Giulio Rolland la ridipintura. Lavoro impegnativo, quello dell'artista, per le difficoltà oggettive

L'occhio dello spettatore è attratto dalle parti narrative di un corteo che celebra il tema del trionfo di Tito e Flavio a Roma dopo la conquista di Gerusalemme. Lo sfondo si nutre delle possenti architetture della Roma Imperiale, e ben si evidenzia l'Arco di Tito, sotto il quale scorrono soldati, prigionieri, trofei e insegne. Spicca la quadriga con gli imperatori e ovunque è percepibile la profondità della pittura così come il candelabro a sette bracci, simbolo della cultura religiosa ebraica.

I dintorni di Rieti sono ameni e vi dimorano importanti luoghi francescani: il Romitorio Poggio Butone, il convento di Fonte Colombo, il convento di SanGiacomo l’remo di Snta maria della Foresta

Sant'Isidoro a Roma e i nazareni




Ogni angolo di Roma, monumento o chiesa che sia,è un capitolo a sé di storia dell’arte ed un intreccio tra arte e cultura.
All'inizio del secolo XIX si distinsero a Roma i Nazareni un gruppo di di artisti tedeschi  che si riunirono  sotto forma di confraternita, ispirato all'ideale di purezza e di rigore dell'arte medievale e rinascimentale.
Sotto la guida di Johann Friedrich Overbeck si stabilirono nel monastero di Sant'Isidoro a Trinità dei Monti, dove condussero uno stile di vita di tipo monastico (particolare tra l'altro era il loro abbigliamento monastico e la barba alla maniera del "Nazareno") 
Svilupparono una pittura ispirata alla compostezza e brillantezza cromatica della pittura italiana del Rinascimento e loro principali esponenti furono Johann Friedrich Overbeck, Franz Pforr, Ludwig Vogel,
Questa chiesa “minore “ di Sant’Isidoro  quindi appare legata indissolubilmente ai Nazareni che si riunivano nel complesso monastico attiguo.
La chiesa, con l’annesso collegio, fu fondata grazie alla munificenza del nobile Ottaviano Vestri di Barbiano, come appare da una bolla di Urbano VIII del 1625.
La ragione della sua edificazione va attribuita al fatto che Gregorio XV volesse  canonizzare  in quel periodo cinque Santi tra cui San’Isidoro di Madrid,
La chiesa fu affidata in particolare a d alcuni francescani spagnolo dell’ordine dei francescani scalzi.
Vi fu fondato un convento per i loro connazionali che tuttavia dopo due anni passò ai francescani irlandesi che fuggirono dalle persecuzioni protestanti  in Irlanda.
La chiesa presenta  unica navata a croce latina con volta a botte, due cappelle laterali per lato e due cappelle ai lati del presbiterio; in essa emergono soprattutto le opere di Carlo Maratta, tra cui le storie della vita di san Giuseppe, una Immacolata Concezione;
All’altare maggiore spicca Sant’Isidoro e la Vergine Maria, opera di Andrea Sacchi. La cappella Da Sylva fu ristrutturata su disegno di Gian Lorenzo Bernini, mentre i monumenti sepolcrali ivi presenti sono di suo figlio, Paolo Valentino Bernini.

martedì 24 gennaio 2012

Cibiana: la città dei murales.





Non lontano da cortina d’Ampezzo nel Cadore nella provincia di Belluno sorge Cibiana un piccolo paese che nel passato era dedito essenzialmente alle attività agricolo-pastorali ,alla cura dei boschi,ed all estrazione del ferro che viene tuttora utilizzato perlopiù per la produzioni di chiavi
Ma oggi è nota anche e soprattutto per essere la città dei murales che sono affreschi di grandi dimensioni dipinti sulle pareti delle case di Cibiana, che è stata per questo denominata "Paese dei Murales". L'insieme di queste opere costituisce un museo all'aperto che annualmente viene arricchito con nuovi soggetti, alla cui realizzazione hanno contribuito artisti italiani e stranieri giunti anche dal Giappone e dall'ex URSS. Arte, assetto urbanistico ed architettonico si coniugano mirabilmente.
Questa iniziativa nasce nel 1980 con l’obiettivo di recuperare tradizioni, mestieri e storie del patrimonio culturale del paese per riproporle in chiave di memoria collettiva di pubblico accesso grazie alle arti figurative valorizzando in questa maniera originale il patrimonio abitativo e allo stesso tempo abbellendo l'abitato come era d'uso nelle città medievali d'Italia.
Non a caso negli affreschi e negli altri dipinti realizzati, la componente fondamentale è quella del recupero e della rappresentazione dei mestieri e della storia che hanno contrassegnato il paese per lunghi anni la vita del Paese.
Nel 2002 è stato aperto sul Monte Rite (2180 m s.l.m.) un Museo tra le Nuvole dedicato alla storia delle Dolomiti, parte del progetto Messner Mountain Museum, curato dal celebre alpinista altoatesino Reinhold Messner. 

lunedì 23 gennaio 2012

Jean Mirò



Barcellona per l’arte non significa soltanto Antonio Gaudì e Salvatore Dalì,ma anche Jean Mirò.

Vero figlio di Barcellona dove nasce il 20 aprile 1893. egli si forma alla scuola di Gaudì.

In un primo tempo si interessò all’impressionismo e al fauvismo;conobbe in seguito a Parigi Picasso e soprattutto il circolo Dada di Tristan Tzara da cui viene maggiormente attratto. Attraverso l’amicizia di André Masson, aderisce nel 1924 al movimento surrealista.

Mirò ha lasciato a Barcellona dei segni indelebili della sua arte. Basti pensare alla fondazione Mirò ove sono esposte tantissime sue opere

L’esposizione contiene una raccolta completa dell’arte di Mirò e di altri celebri artisti dell’epoca che facevano parte della collezione del grande artista; nello spazio espositivo all’aperto si trovano  inoltre opere con fantastici colori.

Di pari importanza è uno stupendo mosaico (El paviment del Pla de l’Os) che viene calpestato senza saperlo dai passanti sulla Rambla . La scelta da parte di Mirò non fu casuale, perché Mirò nacque proprio lì vicino nel 1823 nel Passatge del Credit.
Non finisce qui: con un po’ di pazienza, altrettante fortuna e senza preoccuparvi degli sguardi dei curiosi, potrete cercare una mattonella firmata di Mirò stesso.
Ed ancora è da ammirare lo stupendo murale del terminal dell’aeroporto.

sabato 21 gennaio 2012

Il borgo di Caserta Vecchia



 


Una delle mete più visitate è Caserta, una città industriosa della Campania ricca di monumenti artistici di eccezionale livello: basti pensare alla superba reggia vanvitelliana ed al suo immenso parco per rendersene conto.
Se ad esempio si consulta un libro di storia del regno borbonico delle due Sicilie, si costata come la reggia abbia assunto un preminente ruolo nella storia artistica e culturale del Mezziogiorno d’Italia.
Qui si vuole incentrare l’attenzione tuttavia sul borgo di Caserta Vecchia posto a 450 metri di altezza a memo di 10 Km da Caserta. 
Spopolatasi fin dal dal XVI secolo, ha conservato l’aspetto di un borgo medioevale,affascinante ed interessante, stretto intorno alla piazza del vescovado sulla quale domina la Cattedrale, insigne esempio d’architettura composita arabo-normanna. Sovrastano il borgo le rovine dell’antico castello con il mastio ancora intatto. 
Casa Hirta, poi Caserta ed oggi Caserta vecchia, nell’VIII secolo fu una rocca dei Longobardi e nel secolo successivo rappresentò una sicura protezione per gli abitanti della pianur minacciati dai saraceni,
Nel 1062 fu occupata da Riccardo I, conte di Aversa, e divenne normanna. La Cattedrale è la eccellente testimonianza di questo periodo.
Passò quindi agli Svevi e il conte di Caserta, Riccardo Di Lauro, fu consigliere e fiduciario di Federico II. La città fu quindi angioina e poi aragonese (1442), dominazione, quest’ultima, che segnò l’inizio della decadenza della città. 
La costruzione della Reggia di Caserta, iniziata nel 1752 per volontà di Carlo III di Borbone, e l’abbandono nel 1842 della stessa Cattedrale, trasformata in parrocchia, diede avvio alla decadenza della vecchia Caserta. 
La cattedrale situata nella scenografica piazza del Vescovado è di superba bellezza.
La chiesa costruita per volontà del vescovo Rainulfo e poi ultimata intorno al 1153fu dedicata a S.Michele Arcangelo al quale i normanni erano molto devoti.
Nell'edificazione della chiesa e del famoso campanile - costruito poco dopo- si prese spunto da diversi stili (arabo-siculi, benedettini, romanici ecc.) e quindi l'insieme appare del tutto particolare. Secondo alcuni critici parrebbe essere stata costruita ad imitazione della Badia di Monte Cassino.
Secondo altri storici dell’arte alcuni particolari costruttivi sarebbero stati indotti anche da artisti operanti ad Amalfi.

La facciata della Cattedrale (XII secolo) presenta figure di animali simbolici; le finestre e le porte sono messe in risalto da cornici di marmo bianco. 

L’interno è a tre navate, maestoso, con lapidi e sepolcri di Vescovi, Conti e signori. 
Altrettanto interessante è la Chiesa dell’Annunziata in stile gotico, con bel rosone e tre monofore ogivali. Essa ha, all’interno, un’unica navata con grandi monofore e arco trionfale affrescato. Godibile la facciata, preceduta da un portico del ‘700 in cui si apre un ricco portale di marmo, e il campanile a tre piani.
Non meno interessante è ol castello con un grpsso mastio circolare dalla base di pietra di svevo- 
Oggi, durante “Il Settembre al Borgo”, nel cortile del castello si svolgono spettacoli teatrali e musicali. 

venerdì 20 gennaio 2012

Passeggiare per Roma sulle orme di Stendhal.



 


Vi è sempre grande difficoltà nel segnalare itinerari e curiosità romane che non siano già state oggetto di attenzione in libri e guide turistiche pubblicate in tutte le lingue.
Cerchiamo quindi di ripercorrere la città con l’aiuto di Stendhal che nelle sue passeggiate romane ha passato in rassegna le celebri bellezze della "città eterna"
Stendhal raccomanda tra l’altro la visita di ventiquattro tra le più rimarchevoli Chiese di Roma citandone altre ottantasei che meritano egualmente.
Egli classifica le chiese romane in quattro gruppi secondo le loro forme, che disegna ed enumera : la basilica della quale la planimetria generale ricorda la forma di una "carta da giuoco”, quella a pianta rotonda come quella del Pantheon, quella a croce latina che ha la forma d’un crocefisso adagiato a terra e quella a croce greca, come Sant’Agnese.
Commenta superbamente inoltre la visita al Foro Imperiale, con preziosi dettagli anche sul tempio di Antonino e Faustina che “ha l’onore di donare al viaggiatore un’idea perfettamente delineata d’un tempio antico” e considera il Pantheon “il più bel resto dell’antichità romana”, di cui racconta l’appassionante epopea, per passare infine alla Fontana di Trevi che “possiede una gran massa”.
Questi sono soltanto alcune esempi citati dallo scrittore francese che soleva dire
Ci si annoia talvolta a Roma il secondo mese di soggiorno, ma giammai il sesto, e, se si resta sino al dodicesimo, si è afferrati dall’idea di stabilirvisi.
Sarebbe bellissimo passeggiare per Roma con un occhio retrospettivo prezioso come quello di Stendhal:la visita della città ne verrebbe arricchita immensamente.
Provateci leggendo le” passeggiate romane”!

giovedì 19 gennaio 2012

S Panfilo, la cappella sistina dell'abruzzo.





Nel 2008, prima del terribile terremoto dell'Aquila ebbi la felice opportunità, tornando da un viaggio, di trascorrere qualche ora a Tornimparte che è un ridente, ma freddo paese ubicato lungo la vallata che dai contrafforti del Velino e della Duchessa.
Posto ad una distanza di circa 20 Km a Sud Ovest di L’Aquila e sito ad un'altezza media di 850 m s.l.m.,Tornimparte si presenta ovviamente in primavera con i toni e i colori del verde intenso delle sue montagne, coperte per oltre il 60 % da folti boschi di faggio e castagno e con la varietà dei suoi 21 centri sparsi fin dall’ antichità lungo una fascia di 10 km.
Cenni storici
Il nome Tornimparte deriva, molto probabilmente, da Turres in partibus che vuol dire "Fortezze dislocate in varie parti".
I primi abitanti della zona furono i Sabini, una tribù di Italici.

Durante il periodo romano erano presenti vari centri abitati nel territorio di Tornimparte, come testimoniano vari cippi funerari rinvenuti in Villagrande, Colle
nel Medioevo, sorgeranno i paesi di Tornimparte nella fisionomia attuale.

Con la caduta dell’Impero Romano le popolazioni della valle dell’Aterno furono esposte ai saccheggi dei Longobardi che, tra le altre rasero al suolo le città di Amiterno e di Aveia.

Quando, nel 773 i Franchi sconfissero i Longobardi Tornimparte passò, insieme a tutta l’Italia centrosettentrionale, a far parte del Sacro Romano Impero facendo parte della contea di Celano. Il primo conte fu Berardo detto il Francico, che fece fortificare il territorio. I resti di tali fortificazioni sono ancora presenti in vari centri abitati del comune. I feudi divennero piccoli stati indipendenti spesso in guerra con i vicini e ,quindi, ciascun feudatario sentì il bisogno do proteggere il proprio borgo con opere di fortificazione.

martedì 17 gennaio 2012

L'abbazia di Monteoliveto Maggiore:gli affreschi del Sodoma e di Luca Signorelli

 




In territorio senese su una collina si erge maestosa l’abbazia di Monteoliveto,che rappresenta il polo dell’ordine olivetano, che iniziato nel 1320, fu approvato con bolla pontificia nel 1344.
Il fondatore di questo ordine fu Bernardo Tolomei a cui si deve anche l’inizio della costruzione di questa abbazia che si trova in una zona isolata, tra boschi con terreni coltivati a vigneti ed ulivi.
Il complesso del monastero non si distingue tuttavia per la sua chiesa ma soprattutto per i suoi tre chiostri. Tra questi il più importante è quello maggiore sulle cui pareti sono visibili stupendi affreschi di Luca Signorelli e del Sodoma che narrano la vita di San Benedetto.
Luca Signorelli che, nel 1497, dipinse tutta la parete d’ingresso e a Giovanni Antonio Bazzi detto "il Sodoma" che completò le altre tre pareti nel brevissimo tempo di tre anni a partire dal 1505: anno in cui al Signorelli fu commissionato di dipingere il Duomo di Orvieto.
Due artisti completamente diversi nel carattere e nelle opere; il Signorelli, dal carattere pacato, distaccato come i grandi pittori dell’epoca; eccentrico, lunatico, vendicativo e dispettoso il Sodoma; diversità queste che si confrontano negli affreschi dell’Abbazia di Monteoliveto dove l’impronta di austerità del Signorelli quasi è di contrasto con la vitalità e la vivacità che Sodoma seppe imprimere alla sua pittura.
Nell’ammirare gli affreschi che narrano la storia di S. Benedetto che da giovane parte, a cavallo, da Norcia alla volta di Roma, si rimane colpiti dalla personalità del Sodoma, un personaggio non molto facile, abbastanza eccentrico che si dipinge sempre in primo piano mettendo addirittura S. Benedetto di lato; un personaggio speciale, ma anche divertente tanto da dipingere qua e là dei particolari curiosi frutto di certe litigate tra lui e l’Abate che gli aveva commissionato il lavoro.
Per esempio in un affresco il Sodoma ha dipinto un cavallo senza le zampe anteriori; è questo uno dei primi dispetti che l’insigne pittore decise di fare all’Abate per divergenza di opinioni; poi fecero la pace ma, intanto, il dispetto rimase immortalato; proseguendo nell’ammirare gli affreschi se ne incontrano altri a testimonianza di scontri più o meno rilevanti tra i due.
Negli affreschi che esaltano la vita e i miracoli di S. Benedetto emerge molto spesso la tentazione che mette a dura prova sia la tenacia del Santo sia degli altri personaggi raffigurati come ad esempio nel dipinto in cui S. Benedetto prende l’abito religioso e lo si vede – da eremita – davanti alla grotta dove abiterà solitario in preghiera.
Altri ambienti conservano la suggestiva presenza dell’arte nei secoli passati: in particolare il refettorio e la biblioteca a tre navate edificata su disegno da Giovanni da Verona.
NB
Il primo dall'alto è del Sodoma, mentre il secondo è di Luca Signorelli.

lunedì 16 gennaio 2012

Il rinascimento a Napoli: la chiesa di Sant'Anna dei Lombardi.





Napoli è un caleidoscopio per antonomasia di varie culture, diverse tra loro e connesse alla storia complessa della città articolata nei periodi che si sono succeduti da quello greco a quello romano, dal romanico, al gotico e a quello rinascimentale.
Il rinascimento napoletano fu caratterizzato da modi esuberanti e solenni, con un ampio ricorso alle decorazioni in piperno e marmo bianco per le facciate degli edifici sacri e dei palazzi.
Il vero Rinascimento in realtà si ha con con l'insediarsi di Alfonso V d’Aragona che dal 1444 amplificò la rete di scambi culturali nel Mediterraneo, coinvolgendo i territori partenopei nel giro degli scambi strettissimi con gli altri territori della corona aragonese e chiamando in città artisti catalani e spagnoli, tra cui spiccò la presenza di diversi caposcuola come Pisanello e Colantonio.
Le prime commissioni architettoniche vennero affidate ad artisti spagnoli, ancora lontani dalle problematiche rinnovate del Rinascimento, ma legati a svariati indirizzi. L'eterogeneità della committenza reale è evidente nella ricostruzione di Castel Nuovo dove dal 1451 lavorarono maestranze iberiche, incaricate di creare una residenza adeguata al sovrano e un fortilizio in grado di resistere alle artiglierie.

Nel 1453, il castello fu dotato di un arco monumentale cioè l’arco trionfale del Castel Nuovo progettato forse da una collaborazione tra Francesco di Giorgio Martini e Luciano Laurana E’ ben evidente sull’arco un fregio con l'ingresso trionfale di Alfonso V a Napoli, ispirato ai cortei trionfali romani, mentre sul secondo si trovano quattro nicchie con statue. Questa struttura testimonia un uso liberissimo del modello classico, subordinato alle esigenze celebrative.

Sul finire del secolo, grazie all'alleanza politica con Lorenzo il Magnifico, si ebbe un ingresso diretto di opere e maestranze fiorentine, che comportarono una più omogenea adozione dello stile rinascimentale. Importante cantiere dell'epoca fu la chiesa di Sant’Anna dei Lombardi di Monte Oliveto che,è un esempio unico di sacro rinascimentale di matrice toscana ed è' un compendio della scultura cinquecentesca.

Fondata nel 1411 per i padri Olivetani, assieme al convento immerso nel verde dei giardini poco distanti dal centro, fu tra le favorite della corte aragonese. Il convento (oggi caserma Pastrengo) accolse diverse personalità della cultura: qui nel 1588 Torquato Tasso scrisse una parte della Gerusalemme Liberata. Nel 1799 gli Olivetani parteggiarono per i rivoluzionari, il loro monastero fu soppresso, la chiesa rimase in piedi, fu tolta al loro ordine e assegnata all' Arciconfraternita dei Lombardi che la dedicò a Sant' Anna. L' interno ha una navata a cappelle e abside rettangolare ed è tra i più belli di Napoli, con opere, tra gli altri, di Guido Mazzoni, Antonio Rossellino, Benedetto da Maiano, Pedro Rubiales. Opere di grande valore sono: il presepe di marmo del 1475 di Antonio Rossellino , visibile a Sant'Anna dei Lombardihttp://curiositlessicali.blogspot.com/2010/12/il-presepio-del-rinascimento.html . l' altare Logorio di Giovanni da Nola e l' altare del Pezzo di Girolamo Santacroce, gli stalli lignei con tarsie di Giovanni da Nola, la sagrestia vecchia (il refettorio) con le decorazioni pittoriche (Fede, Religione e Eternità) realizzate nel 1544 da Giorgio Vasari e la cantoria con l' organo e gli affreschi di Battistello Caracciolo. Nella chiesa erano contenuti anche tre dipinti del Caravaggio, perduti durante il terremoto che distrusse la chiesa nel 1805.

domenica 15 gennaio 2012

La via Crucis del Sacro Monte del Calvario di Domodossola




Il tempo di Quaresima,che culmina nella Settimana Santa, induce alla meditazione tanto più suggestiva se si è immersi in un’atmosfera sacra come quella che ispirano “I nove Sacri Monti dell’Italia settentrionale che l’Unesco dal 2003 ha inserito nella lista del patrimonio mondiale. 
Il prestigioso riconoscimento attribuisce un valore universale a sette Sacri Monti del Piemonte (Belmonte, Crea, Domodossola, Ghiffa, Oropa, Orta e Varallo) e due della Lombardia (Ossuccio e Varese), mettendo in luce la straordinaria ricchezza, la qualità e i valori di questi gioielli di storia, arte e natura
Tra questi particolarmente significativo, almeno per me, è il Calvario di Domodossola un vero e proprio intreccio di storia, fede, arte e paesaggio 
Lungo le pendici del monte si snoda una "via processionale" con una serie di stazioni rappresentative della Via Crucis. Sul monte si staglia,al termine del percorso, il Santuario dedicato al SS. Crocifisso. Dopo vicende storiche complesse che videro l’allontanamento dei frati cappuccini agli albori del 1800 
Antonio Rosmini, sacerdote e filosofo,fondò nel 1828, poco lontano dal Santuario, l’Istituto della Carità, che contribuì al rilancio e al restauro complessivo del Sacro Monte. 
Il complesso di edifici che compongono il Sacro Monte Calvario è costituito dal Santuario del SS. Crocifisso- in stile barocco, a pianta ottagonale e ad aula unica –e da 12 cappelle, ognuna di forma diversa, rappresentative delle stazioni della Via Crucis. Sempre all'interno del santuario è situata un'altra cappella che ha per soggetto la Visione della Croce, premonizione all'imperatore Costantino della vittoria contro Massenzio.
All'esterno troviamo la cosi' detta Cappella del Paradiso con la scena della Resurrezione; 

L'impronta di maggior rilievo nella realizzazione della statuaria del Monte Calvario si deve indubbiamente allo scultore milanese Dionigi Bussola,che. ispirandosi al Bernini e all’Algardi, esprime il gusto proprio del barocco coniugato con il realismo e la forza drammatica della tradizione lombardo-piemontese.
Di particolare intensità emotiva è la scena della Crocifissione posta sopra l’altare del santuario, con il corpo di Cristo miseramente straziato nella carne con accanto Maddalena affranta dal dolore.
Per chi si trovi nei pressi di Domosdossola, ai confini con la Svizzera, si consiglia dunque di recarsi al Sacro Monte che ispira emozione ed interesse a prescindere da qualunque spirito devozionale. 

sabato 14 gennaio 2012

Mozia:testimonianza degli insediamenti fenici in Italia.



 

Mozia isoletta situata nel trapanese rappresenta una delle più importanti testimonianze della presenza fenicia in Italia.


Non è il solo centro archeologico in Italia perché ve ne sono altri altrettanto rilevanti come Sant’Antioco, Monte Sirai e Antas tutte in Sardegna,
Mozia è un'antica colonia fenicia fondata nell'VIII sec. a.C. su una delle quattro isole della laguna dello Stagnone, l'isola di San Pantaleo (nome datole in periodo alto medievale da monaci basiliani trasferitisi sull'isola). 
Il nome di Motya, probabilmente dato dagli stessi Fenici, significherebbe filanda e sarebbe collegato alla presenza di stabilimenti per la lavorazione della lana, qui impiantati. 
L'isola, come la maggior parte delle altre colonie fenicie, era una stazione commerciale ed era un punto d’approdo per le navi fenicie in rotta nel Mediterraneo. 
Con l’espansione greca che avviene a partire dall’VIII secolo soprattutto nella zona orientale della Sicilia, i Fenici sono costretti a ripiegare sulla parte occidentale e Motya accresce la sua importanza divenendo una cittadina. 
Nel VI sec. si acuiscono i contrasti tra Greci e Cartaginesi per il predominio sulla Sicilia e Mozia viene coinvolta; si arriva a cingerla di mura che ne permettano una difesa migliore. Nel 397 Dionisio il Vecchio, tiranno di Siracusa, assedia la città e pone fine alla sua esistenza. Gli abitanti si rifugiano sulla terraferma nella colonia di Lilibeo, l'attuale Marsala.
Questa è la storia in pillole di Mozia che è meta di assiduo turismo soprattutto per la visita agli scavi archeologici legati al nome di Giuseppe Whitaker, un nobile inglese della fine dell'800 la cui famiglia si era stabilita in Sicilia ed aveva avviato un fiorente commercio di esportazione di vino Marsala. 
Prendiamo in esame sinteticamente alcuni aspetti archeologici salienti 
Le fortificazioni che cinsero Mozia a difesa del colonizzatore grco a partire dal VI sec. a.C.
La Porta Nord che–è la principale delle due porte che consentivano l'accesso alla città, 
Cappiddazzu che -è la zona che si erge alle spalle della porta Nord. In cui si riconosce un edificio a tre navate che aveva probabilmente una funzione religiosa.
La necropoli in cui una serie di pietre tombali e di urne caratterizzano la necropoli arcaica ad incinerazione. 
Il Tophet –che delinea l'area sacra, un santuario a cielo aperto ove venivano deposti i vasi contenenti i resti dei sacrifici umani. Una pratica diffusa era l'immolazione dei primogeniti maschi.

Il Cothon che- è un piccolo bacino artificiale di forma rettangolare collegato al mare aperto da un canale che probabilmente serviva da porto per imbarcazioni piccole e leggere che facevano probabilmente la spola tra l'isola e le navi ancorate allargo, per il carico e scarico merci.

La Casa dei Mosaici -chiamata così per la presenza di due bei mosaici in ciottoli bianchi e neri, raffiguranti un grifo alato che insegue una cerva ed un leone che assale un toro.



Non va omessa infine la visita al Museo che raccoglie importanti e significativi reperti archeologici.

giovedì 12 gennaio 2012

La comunità ebraica di Roma.




Nel nostro viaggio attraverso l’Italia,soffermiamoci ancora una volta su Roma. Ma questa volta non per parlarvi della Roma Caput mundi o della Città Eterna, centro del Cristianesimo, ma per focalizzare l’attenzione sulla comunità ebraica romana (altre importanti in Italia sono a Venezia, Livorno, Firenze) il cui influsso culturale è stato ed è certamente rilevante su tutto il territorio romano.
Essa è la più antica al mondo e la sua esistenza è nota sin dal II secolo a.c,quando gli ebrei giungevano schiavi dalla Palestina, allora sotto il dominio romano
Questa comunità,sia nei primi secoli, sia durante tutto il medioevo non ebbe particolari difficoltà di convivenza con la popolazione cristiana. Le cose purtroppo andarono diversamente nel tardo Rinascimento quando la Chiesa di Roma,dopo lo scisma protestante,diede un grosso giro di vite nei confronti della popolazione non cristiana. Il neoeletto papa Paolo IV decise di rinchiudere l'intera comunità ebraica entro un'area molto ristretta e impose severe leggi discriminatorie.
Il ghetto tuttora esistente, comprendeva le poche strette vie situate fra piazza Giudea (oggi scomparsa) presso la chiesa di Santa Maria del Pianto, i resti del Portico d'Ottavia.
I residenti potevano lasciarlo solo durante il giorno; poi, dal tramonto all'alba successiva, i tre accessi al quartiere venivano serrati a mezzo di grosse porte, sorvegliate da guardie, la cui retribuzione era a carico della stessa comunità.
Questa è in pillole la storia di una comunità le cui vestigie sono antichissime: le più remote sono le iscrizioni mortuarie trovate nelle sei catacombe finora note e che servivano come cimiteri sotterranei (Monteverde,via Labicana, la via Appia e Via Nomentana) . E’ degna di rilievo la sinagoga di Ostia antica i cui resti vennero alla luce nel 1961 durante la costruzione dell’aeroporto di Fiumicino.
Secondo gli archeologi essa è da considerarsi la più antica sinagoga non solo di Roma, ma di tutta l’Europa occidentale
Poco o niente rimane invece del Ghetto anche se molti romani ebrei vivono ancora in quella zona fra lungotevere dei Cenci, via Catalana e via Portico d’Ottavia.
Vero gioiello è il Tempio maggiore, l’attuale Sinagoga di Roma ubicata sul lungo Tevere. L’edificio è un misto di stile Liberty e di arte babilonese. Lo stile dell'epoca di costruzione si fonde infatti con richiami all'origine mediorientale della religione ebraica.
Non è secondario infine ricordare che da tempo è presente una lingua degli ebrei di Roma che ha prodotto opere poetiche di tutto rispetto, che hanno influsso rilevante ad esempio nella Festa dei Noantri che si svolge nel mese di Luglio

mercoledì 11 gennaio 2012

La casina vanvitelliana del Lago Fusaro.




Il Settecento è un’epoca d’oro per Napoli e l’intero Regno delle du Sicilie.
Non privo di visioni illuministiche in cui rifulsero personalità come Bernardo Tanucci e Gaetano Filangieri, il Settecento vide il fiorire di ville, monumenti e palazzi di eccelso livello artistico.
I Borbone del Settecento acquistavano tutto ciò che potesse diventare luogo di caccia e di pesca. Portici, meta indiscussa per i viaggiatori ed intellettuali di tutta Europa come Venafro, la Reggia di Caserta, la vicina San Leucio e Persano.
Tra i siti borbonici un edificio di ineguagliabile bellezza è rappresentato dalla Casina Vanvitelliana:un suggestivo casino di caccia ubicato su un'isoletta del Lago Fusaro, nel comune di Bacoli.
La zona del Fusaro a partire dal 1752,all'epoca scarsamente abitata, divenne la riserva di caccia e pesca dei Borbone, che affidarono a Luigi Vanvitelli le prime opere per la trasformazione del luogo. Salito al trono Ferdinando IV gli interventi furono completati da Carlo Vanvitelli, figlio di Luigi, che nel 1782 realizzò il Casino Reale di Caccia sul lago, a breve distanza dalla riva. L'edificio, di gusto neoclassico, è a pianta centrale, collocato su di una piattaforma che si sviluppa circolarmente. Si struttura su due livelli mediante corpi di fabbrica sporgenti e terrazzati: il primo livello, a forma di dodecagono, è più ampio perchè dotato di due ambulacri a nord e a sud, ai lati delle arcate frontali. 
le. Le decorazioni in stucco sulle facciate appaiono eleganti, con pochi risalti e prive di forme particolarmente ridondanti

Questo edificio, noto come Casina Vanvitelliana, fu adibito alla residenza degli ospiti illustri, 
Vi furono ospitati personaggi come Francesco II del Sacro Romano Impero, Wolfgang Amadeus Mozart, Gioachino Rossini.
L’interno,ricco di raffinate produzioni settecentesche ed ampie vetrate,ricorda per alcuni aspetti la Palazzina di caccia di Stupinigi, progettata alcuni anni prima da Filippo Juvarra . 
Il Real Sito del Fusaro ebbe estimatori da ogni parte e appassionò i pittori di tutte le provenienze: lo si ritrova nei disegni e acquerelli di Vervloet, Vianelli, Giacinto e Achille Gigante, Fergola e in altri, innumerevoli opere grafiche. e nella celebre della "caccua alle folaghe sul lago Fusaro di Hackert". 
Lo si ritrova anche in quel singolare e unico supporto di vedutismo che è il "Servizio dell' Oca" della Real Fabbrica della Porcellana, che mostra sulle facce concave di quei primi oggetti di design molto alla moda, il Lago d' Averno, l' Anfiteatro di Pozzuoli, il Tempio di Diana a Baia, il Ponte di Caligola e il Fusaro stesso.

martedì 10 gennaio 2012

Salerno e la scuola medica

 

In Campania due sono le città che si affacciano sul mare: Napoli e Salerno. Entrambe mirabili con lungomari mozzafiato, eppure diverse tra di loro.
Ci soffermiamo su Salerno per ricordare che qui fu fondata la gloriosa e celeberrima scuola di medicina.
La leggenda e la storia si sovrappongono; comunque quel che è certo è che Salerno conobbe il periodo di massimo splendore sono i Normanni fra il secolo XI ed i primi decenni del secolo XII, quando con Roberto il Guiscardo Salerno fu scelta come capitale del ducato; venne allora eretto il Duomo ed istituita la scuola medica.
Formatasi sul ceppo della medicina greco- romana, la scuola di Salerno accentrò in sé le conoscenze dell’Alto e basso medioevo, assorbendo anche le esperienze arabe di Averroè ed Avibenna e degli ebrei spagnoli.
La scuola che è basata sulla dottrina tetradica,cioè teoria dei quattro umori, così come venne concepita nel mondo antico e sistematizzata da Galeno raccomandava con i suoi aforismi,ancora oggi non privi di interesse, delle vere e proprie ricette di lunga vita in cui si consigliavano la moderazione del nutrimento, ed una moderata dieta proprio per evitare dannosi eccessi calorici.
Una vera sintesi della scuola salernitana è rappresentata da "Il Giardino della Minerva" che si trova nel cuore del centro antico di Salerno, in una zona denominata nel Medioevo “Plaium montis”, a metà strada di un ideale percorso che si sviluppa lungo l‘asse degli orti cinti e terrazzati che dalla Villa comunale salgono, intorno al torrente Fusandola, verso il Castello di Arechi.
L'attuale aspetto del giardino è quello che assunse a partire dal XVII secolo. Esso è costituito da diversi terrazzamenti collegati da una scalea affiancata da pilastri su cui si poggia una pergola con vite. La scalea si sviluppa lungo una prospettiva che unisce idealmente i giardini della villa comunale con il castello di Arechi ed offre una vista panoramica sul golfo, il centro storico e la costiera amalfitana.
Un sistema di vasche, fontane e canalizzazioni, sempre del 1600, si sviluppa lungo tutti i terrazzamenti. Di particolare pregio estetico è una fontana che raffigura la dea Minerva (da cui prende il nome il giardino) e la fontana della conchiglia, sul terrazzo panoramico del settecentesco palazzo Capasso
Dopo il restauro del 2001 nel giardino sono state piantate numerose piante, anche rare, dando particolare rilevanza a quelle specie citate nel Regimen Sanitatis Salernitanum e nell'Opus Pandectarum Medicinae, che venivano usate nel medioevo come piante medicamentose.

lunedì 9 gennaio 2012

Il guerriero di Capestrano: capolavoro della scultura arcaica.




Chieti è una vivace città dell’Abruzzo situata su un bel colle alla destra del fiume Pescara in magnifico panorama
Questa città è sede di un museo nazionale di antichità dove è esposto il “guerriero di Capestrano” massimo esempio della scultura arcaica italica(seconda metà del VI secolo A:C)
La statua fu rivenuta nel 1934 , in una località situata nei pressi di Capestrano(da qui ha tratto il nome il reperto),e mai avrebbe immaginato che il suo nome sarebbe rimasto per sempre legato a questo casuale ritrovamento, che rappresenta uno dei più importanti per la storia dell'archeologia italica
Vennero ritrovata anche una statua di figura femminile e altri reperti nella stessa zona. Ma ovviamente la più importante resta quella del guerriero,un vero capolavoro che si distingue nettamente dalla produzione italica dell’epoca che si rivolge essenzialmente a scopi utilitaristici.
Il guerriero di Capestrano infatti appartiene all’arte monumentale ed in particolare è una espressione commemorativa di personalità appartenenti ad un rango elevato.
Cià è reso evidente da uno dei pilastrini in cui vi è un’iscrizione in lingua paleosabellica perr il re dei vestini Nevio Pompulledio.
La statua di dimensioni monumentali è scolpita in pietra locale ed è arricchita da superfici campite in colore rosso.
E’ raffigurato un guerriero in posizione rigidamente frontale con entrambe le mani portate all’addome secondo l’iconografia funeraria dell’epoca. Il copricapo, caratteristico per le sue larghe tese che lo fanno assomigliare ad un sombrero, è stato interpretato come un elmo da parata, dotato di cimiero (sulla parte superiore si notano le tracce di una cresta sporgente, oggi perduta), oppure come lo scudo, che veniva portato sulla testa quando non era in uso in battaglia.
E’ un’opera di eccezionale rilevanza artistica che giustamente richiama moltissimi visitatori nella città teatina.

sabato 7 gennaio 2012

Nizza: città d'incanto, punto d'incontro di arte e cultura-




Ogni volta che mi reco a Nizza il pensiero va a Napoli la città della mia giovinezza.
Le due città hanno elementi di similitudine nei paesaggi e nella conformazione geografica 
Faremmo tuttavia un torto ad entrambe le città se non ne cogliessimo gli aspetti peculiari e distintivi.
Qui parliamo di Nizza, questa incanevole città della Costa azzurra situata in una posizione panoramica felicissima e caratterizzata da condizioni climatiche molto clementi.
E’ una città certamente francese, ma anche di confine e diede i natali a Garibaldi l’eroe dei due mondi.
Fu città provenzale e, per lungo tempo, savoiarda e sardo-piemontese; fu annessa all'impero francese dal 1860 mediante un plebiscito che fu vivamente contestato - anche da Giuseppe Garibaldi 
Per un breve periodo durante la seconda guerra mondiale (1942-1943) fu occupata dal Regno d'Italia.
Ma Nizza è anche e soprattutto un crocevia di culture e da molto tempo meta preferita di pittori, scrittori e vari esponenti dell’arte.Negli anni '20 del secolo scorso soggiornarono ad esempio Ernest Hemingway, Thomas Mann e Adolf Huxley.
Si respira ovunque un’aria internazionale che ben si coniuga con l’atmosfera francese della città.
Tanti sono Luoghi importanti importanti di attrazione e tanto per enumerarne alcuni:la promenade des Anglais,la strada lungomare di Nizza, che rappresenta un luogo di incontro e di passeggio per turisti e cittadinanza locale. Tipiche sono le sue "chaises bleues", le sedie blu dove è possibile sedersi e gustare la brezza marina;
la Place Massena una delle più rappresentative piazze di Nizza che mostra l'evidente matrice piemontese nei portici che le fanno corona;
la chiesa russa ortodossa realizzata nel 1912 su ispirazione della Cattedrale di San Basilio sulla Piazza Rossa a Mosca, per venire incontro alla grande affluenza di nobili russi che nel 19° secolo si recavano a Nizza per evitare i rigori dell'inverno russo; 
il porto, scavato nel 1750 per ordine di Carlo Emanuele III di Savoia nelle paludi di Lympia che venne ampliato nel XIX secolo;
la piazza Garibaldi con impronta tipicamente savoiarda Vi campeggia la statua dell’Eroe dei due Mondi.
Posizionato in cima una collina e contornato da un giardino ricco di piante mediterranee, vi è il Museo Nazionale Messaggio Biblico Marc Chagall in cui è ospitata la più vasta collezione di opere dell'artista bielorusso.Moltissime sono le opere donate e fra queste figurano le 17 grandi pitture a tema biblico dalle quali viene il nome del museo.
La visita è estremamente interessante e Marc Chagall stesso ci offre una chiave di lettura della sua poetica e della sua pittura quando afferma: "la Bibbia è l’alfabeto colorato della speranza, in cui hanno intinto i loro pennelli i pittori di tutti i tempi".

venerdì 6 gennaio 2012

Madaba ed il mosaico della Terra Santa.


Non lontano dal Monte Nebo  e dal mar Morto ed a meno di 35 km da Amman si trova Madaba che  nel contesto della Giordania  rappresenta un caso esemplare di tolleranza etnica e religiosa Madaba ha una storia molto antica,fu uno degli insediamenti delle dodici tribù di Israele e dopo essere stata ammonita e poi nabatea finì sotto il dominio dei Romani.
Solo dopo che il Cristianesimo divenne la religione dell'impero la città acquisì importanza.con Giustiniano.
Madaba fu poi conquistata nel 614 dai Persiani Sassanidi e così iniziò il suo declino
Ritornata sotto il controllo dei Bizantini, nel 636, fu conquistata dagli Arabi, che all'inizio dell'VIII secolo, durante una spedizione punitiva contro la città distrussero alcuni mosaici. La città comunque fu abbandonata dopo il terremoto del 749, che la rase al suolo.
Madaba rinacque dopo circa 1100 anni, quando una piccola comunità cristiana di circa 2.000 persone, decise di trasferirsi lì alla fine del XIX secolo. Questa comunità nell'intento di gettare la fondamenta delle case scoprì alcuni mosaici.
Nel 1897, fu data notizia che nella chiesa di San Giorgio oggi una delle chiese cristiane più importanti della Giordania era venuto alla luce un mosaico raffigurante la cartina della Tesrra Santa.
Questo mosaico originato probabilmente intorno al 560 è stato chiamato Mappa di Terrasanta, poiché raffigura l'itinerario per raggiungere Gerusalemme attraverso oltre centocinquanta località. Il mosaico è corredato di 157 didascalie in greco, che segnano i principali siti biblici del medio Oriente dall'Egitto alla Palestina.

giovedì 5 gennaio 2012

Lubiana :confluenza di culture e stili diversi.



Da Tarvisio in poco tempo di raggiunge la Slovenia che, dopo la caduta del muro di Berlino, è stata la prima regjone balcanica a divebtare autonoma ed a fare ingresso nel’Unione Europea.
La sua capitale , come è noto, è Lubiana che dista da Tarvisio circa 100 Km.
E’ una città interessante e soprattutto peculiare poiché rappresenta la sintesi di stili diversi come quelli barocco e liberty.
Infatti, nonostante la comparsa di grandi edifici, soprattutto nei dintorni della città, Lubiana mantiene intatto il suo centro storico, dove si mescolano lo stile architettonico Art nouveau e quello fortemente influenzato dalle città di Graz e Salisburgo.
Non mancano anche stili diversi come  quelli contraddistinti dall’architettura Joze Plecnik.
La città vecchia, costituita da due quartieri è sovrastata dal castello dalla cui collina si ammira il fiume Liubianika.
Il castello di Lubiana domina la collina che sovrasta il fiume Liubianika. Oltre al castello  del XII secolo,raggiungibile con una ripidissima funicolare e che fu la residenza dei margravi poi duchi della Carinzia, le principali opere architettoniche della città sono la Cattedrale si San Nicola, la chiesa di San Pietrom,la Chiesa francescana dell'Annunciazione, c il Triplo Ponte e il Ponte dei Draghi.
Non lontano dai tre ponti ,nella zona lungo il fiume,si trova inoltre il mercato che è un vivace centro d’incontro.
Lubiana è  anche una città a dimensione umana , luogo di interesse anche di tanti giovani che a ogni ora del giorno e della sera affollano piccoli ristoranti e caffè.